Prima la notizia dei russi che si ritirano sulla riva opposta del Dnieper mollando la presa su Kherson mettendo al sicuro 115 mila abitanti di lingua russa, evento che sembra indicare un «gesto di buona volontà» capace di prefigurare una soluzione che dovrebbe costare carissima al Cremlino: quella di rinunciare ai territori occupati con la forza concedendo diritto d'asilo in Russia a quegli ucraini di lingua russa che vogliono andarsene. Ma ieri è arrivata la notizia più clamorosa: il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi Jinping, che ancora non si sono mai incontrati, hanno preso l'impegno di vedersi a quattr'occhi lunedì prossimo. Di che cosa parleranno? Certamente di Taiwan, questa la risposta più facile, ma molto di più dell'Ucraina. Probabilmente la prima posta in gioco è la fine della guerra in Ucraina e non quella mai cominciata davvero per Taiwan, l'antica isola di Formosa che fece parte dell'impero portoghese, poi di quello giapponese, quindi del capo dei nazionalisti in fuga Chiang Kai-Shek, ma sempre reclamata come parte legittima e irrinunciabile della Repubblica Popolare Cinese, e specialmente cara a Xi Jinping che ha appena ottenuto l'investitura del ruolo di segretario generale a vita del partito comunista cinese. Tuttavia, questo incontro ha come obiettivo preminente quello di chiudere la guerra in Europa coinvolgendo la Cina che otterrebbe «qualcosa» in cambio anche se non la conquista di Taiwan. I fatti si accumulano insieme alle interpretazioni, ma certamente stiamo assistendo a una lenta e prolungata disfatta delle armi e degli uomini in uniforme russi, sfiancati dagli ucraini i quali a loro volta sono talmente sbalorditi, da temere che il ritiro russo sia in realtà un Cavallo di Troia per attirarli in un agguato. Ma il presidente turco Erdogan ha detto quattro giorni fa di aver parlato personalmente con Putin e di averlo trovato ammansito e disposto ad iniziare a trattare. La notizia è stata immediatamente smentita dal Cremlino ma al tempo stesso la propaganda di Mosca ha cominciato ad accusare con violenza il presidente ucraino Zelensky di voler stravincere. E quello ha sempre risposto di non voler trattare con Putin, ma con altri russi. Erdogan ha detto, come se si fosse trattato di un pettegolezzo, di aver trovato Putin pronto a sedersi a un tavolo, sicuro di un successo sul campo. La realtà è ben diversa: le sue armate si rivelano piene di ragazzini strappati alle famiglie, mal addestrati e mandati al fronte a essere uccisi da un nemico armato e motivato perché combatte sulla propria terra, per la propria terra e per la propria stessa gente. E il ritorno di Biden che effetto ha, se ne ha, sulla possibile apertura delle trattative? Trump ha dimostrato di volerlo sfidare ma deve guardarsi dalla possibile candidatura del rampante governatore della Florida, Ron De Santis. Ma chiunque sia il suo avversario Biden sa che per avere qualche probabilità di vincere nel 2024 deve ricostruirsi un'immagine: quale migliore occasione se non guidare la pace in Ucraina.
Sedare gli incubi del contribuente che si sente derubato dalle spese militari mentre le uova triplicano di prezzo. Una pace adesso richiederà un paio d'anni, giusto in tempo per presentarsi come l'uomo che ha salvato il mondo dalla catastrofe.
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