Se Re Giorgio è più intoccabile di Maometto

diIn questi giorni che seguono il terribile attacco dei terroristi islamici (chiamiamo le cose con il loro nome, senza paura) a Parigi, lo slogan Je suis Charlie risuona in tutto il mondo occidentale. In molti, ovviamente in Francia ma anche in Italia e in tutta Europa, hanno fatto la coda mercoledì per accaparrarsi una copia di Charlie Hebdo . Tutto esaurito grazie a chi ha voluto così manifestare la propria vicinanza al giornale e ai tanti che, senza averlo mai sfogliato in vita propria, poche ore dopo l'attentato erano già diventati «charlieologi».

Per i più quel Je suis Charlie è la solidarietà nei confronti delle vittime di un attentato vile e la rivendicazione di una generica libertà di cui l'Occidente è geloso custode; per altri è sposare integralmente una linea di pensiero, la libertà di espressione spinta fino alle estreme conseguenze, ovvero fino a considerare lecito persino il diritto alla blasfemia. Su questa seconda linea si muovono gli stessi autori superstiti di Charlie Hebdo , tanto da spingere persino un campione di tolleranza come Papa Francesco a qualche decisa puntualizzazione. Ci sarebbe da aprire un dibattito serio e approfondito sulla nostra idea di libertà, sui suoi limiti e sul rispetto della libertà altrui: questioni dirimenti perché chiamano in causa l'identità stessa del cosiddetto Occidente.

La laicità dello Stato e la separazione tra la sfera religiosa e il potere pubblico implicano necessariamente una democrazia senza valori e totalmente piegata al relativismo culturale, di cui lo stesso giornale francese è irriducibile alfiere? Si può rispondere al fondamentalismo, ma anche al rischio di una islamizzazione d'Europa per via demografica, recidendo le radici e i simboli della nostra cultura? Sarebbe stato bello, e soprattutto utile, parlare di questo. Purtroppo invece assistiamo al solito folle paradosso decadente, tutto europeo e purtroppo tutto italiano, nel quale c'è chi rivendica il diritto alla blasfemia ma nel contempo vuole mantenere anacronistici reati di opinione e addirittura se ne inventa di nuovi per difendere i dogmi del «politicamente corretto». Sono quelli che tolgono i presepi e i crocifissi dalle scuole per non offendere gli altri, quelli che fanno integrazione chiudendo al pubblico le piscine un pomeriggio a settimana per riservarle alle donne musulmane.

Sono gli stessi cantori della libertà a targhe alterne che plaudono alla folle decisione dei partiti «repubblicani» francesi di escludere dal corteo di domenica scorsa Marine Le Pen, «rea» di essere l'unica ad essersi sempre coerentemente battuta contro l'islamizzazione e certi fallimentari modelli di integrazione della gauche. Gli stessi che vorrebbero impedire a Magdi Allam di scrivere tacciandolo di islamofobia, che vorrebbero mettere la museruola al direttore del Giornale Sallusti per diffamazione, che vorrebbero in galera Francesco Storace per vilipendio al capo dello Stato, che ti punirebbero con la legge Mancino per aver criticato Mare Nostrum e che, dulcis in fundo , stanno proponendo di far diventare reato anche la critica alle adozioni o alle nozze gay.

Magari un domani sarebbero capaci di inventarsi persino la «cooperanti-fobia» per punire quei tanti italiani che non riescono ad accettare che lo Stato finanzi i terroristi a suon di milioni per salvare due ragazze totalmente inesperte, che vanno allo sbaraglio in zone di guerra, non si sa bene a fare cosa e a favore di chi e che si improvvisano cooperatori internazionali.

Allora, cari libertari a senso unico,

facciamo così: cominciate con l'eliminare i reati di opinione in Italia e poi discutiamo di blasfemia. Fino a quel momento continuerò a considerare più grave bestemmiare Dio che parlare male di Napolitano.

*Presidente Fdi-An

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