Se Signorini viene linciato sul tabù aborto

Sono passati 43 anni dal referendum sull'aborto eppure quel grumo di cellule pulsanti di vita fa ancora paura

Alfonso Signorini - Mediaset
Alfonso Signorini - Mediaset

Sono passati 43 anni dal referendum sull'aborto eppure quel grumo di cellule pulsanti di vita fa ancora paura. Guai a chi tocca il grande tabù, come ha fatto innocentemente Alfonso Signorini al Grande Fratello Vip. «Noi siamo contrari all'aborto in ogni sua forma», ha detto il presentatore tv, per di più in prima serata su Canale 5 e con una formula pericolosa, un «noi». «Ma noi chi», si è chiesta Fiorella Mannoia su Twitter con sei punti interrogativi, seguita a ruota da Selvaggia Lucarelli, che punta il dito sul «moralismo di un omosessuale sul corpo delle donne». Chissà dov'erano la Lucarelli, la Mannoia e le altre donne quando «il moralismo omosessuale» ha costretto il femminismo a diventare la costola del movimento Lgbtq+, quando il corpo delle donne è diventato moneta sonante con l'utero in affitto, pratica odiosa e inumana che il ddl Zan avrebbe sdoganato per sempre, impastando in modo informe genere e sesso, desideri e diritti. Chissà dove sono queste vestali del pensiero unico ogni volta che una ragazzina si ritrova sola con un peso insopportabile nel ventre, perché non c'è nessuno a cui gridare aiuto, nessuno a cui confessare il desiderio di maternità che scalcia e che invece le è proibito da una cultura usa e getta, che spaccia la pillola abortiva RU486 per libertà, neanche fossero tutte ancelle uscite da The Handmaid's Tale. Chissà dov'erano queste donne quando all'aeroporto di Roma è arrivata una bambina, comprata per egoismo e abbandonata come merce avariata su un carrello della spesa dentro la pancia più oscura dell'Europa dell'Est, dove «proletariato e capitale vanno a braccetto per disintegrare la dignità e la santità dell'uomo e del suo corpo», come scrive don Antonello Iapicca.

A Signorini sono arrivati gli applausi di Giorgia Meloni contro «l'odio fomentato dagli stessi che si ergono a paladini del rispetto e dei diritti» e di quei visionari dei cattolici, da Toni Brandi e Jacopo Coghe di Pro Vita & Famiglia a Mario Adinolfi, testardi che si accendono per ogni scintilla di ragione che illumina la tv commerciale, soprattutto se arriva da un anchorman che sotto gli abiti di un'omosessualità da sempre esibita con orgoglio, sofferta ma mai ritrattata, nasconde un'anima cattolica. Quasi a dire «sei un grande, fratello».

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