Toti: "Giustizia medievale". E Nordio vede anomalie

Il ricorso in Cassazione dell’avvocato: "Per i giudici è credibile solo se si adatta alle tesi dell’accusa"

Toti: "Giustizia medievale". E Nordio vede anomalie
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Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, accende un faro sul caso Toti: «Stiamo seguendo una situazione, che ha molte anomalie, con estrema attenzione e alla fine valuteremo quello che dovrà essere fatto» ha dichiarato lo stesso Nordio ospite della trasmissione Quarta Repubblica rispondendo a chi gli chiedeva se stia valutando di inviare gli ispettori al tribunale di Genova. «Un amministratore e un politico ha il diritto e dovere di restare al suo posto fino alla sentenza definitiva». Intanto il legale del governatore della Liguria, Stefano Savi, definisce le motivazioni con cui il Tribunale del Riesame di Genova ha lasciato Giovanni Toti agli arresti domiciliari «irragionevoli e illogiche», fondate su una visione «medioevale» dell’interrogatorio in base a cui il presidente avrebbe dovuto «confessare». Nelle quaranta pagine del ricorso in Cassazione contro l’ordinanza che ha confermato la misura cautelare a Toti, recluso dal 7 maggio con l’accusa di corruzione, l’avvocato stigmatizza una «malcelata considerazione del diritto processuale penale in termini squisitamente inquisitori» dei magistrati liguri. Era stato un provvedimento duro e controverso quello con cui i giudici del Riesame avevano deciso di non concedere la libertà al presidente della Regione. Sulla base di un rischio di reiterazione del reato da parte di Toti non più, come aveva sostenuto inizialmente il gip che lo aveva arrestato, alle elezioni Europee e alle Regionali del 2025, ma in qualsiasi «competizione elettorale di sorta», ma non solo. I magistrati avevano fatto anche un elenco di potenziali contesti in cui il governatore avrebbe potuto, una volta libero, replicare le condotte considerate «illecite». Ma sono talmente «astratti» e «vaghi» da non poter, sostiene il legale in Cassazione, soddisfare i requisiti di concretezza e attualità del pericolo di reiterazione che sono alla base delle esigenze cautelari: «Così il pericolo viene legato a qualsivoglia possibile circostanza nella quale Toti possa entrare in contatto con un interesse privatistico».

Per i magistrati del Riesame Toti deve stare ai domiciliari anche perché il suo interrogatorio sarebbe stato «irrilevante», privo «del minimo spunto ammissivo», e «infarcito di non ricordo». Ai pm il governatore aveva ammesso di aver ricevuto finanziamenti elettorali dall’imprenditore della logistica Aldo Spinelli, ma aveva negato l’esistenza di un nesso tra quelle erogazioni e presunti favori. Il legale sostiene che ci sia stato «un evidente travisamento» da parte dei giudici del Riesame, perché Toti «aveva reso un interrogatorio improntato alla trasparenza e alla collaborazione il cui contenuto è sostanzialmente ammissivo dei fatti avvenuti». SePer le toghe rischia di reiterare i reati solo se incontra qualcuno con un interesse privatistico Sincero Altro che elusivo, ha ammesso i fatti avvenuti A distanza di anni, memoria imprecisa Il ministro Il Guardasigilli commenta: «Situazione anomala, valuteremo quello che dovrà essere fatto...
» condo la logica applicata dai giudici però l’interrogatorio sarebbe stato ritenuto rilevante solo se contenente una «confessione». Quanto ai «non ricordo», in realtà sarebbero stati «pochi» in un’audizione di otto ore, e non certo frutto di un «atteggiamento elusivo», ma di una memoria che «a distanza di anni» non può sempre essere precisa.

I magistrati del Riesame avevano demolito anche l’impegno di Toti ad astenersi da comportamenti che i pm considerano un reato, restando però convinto di non averne commessi. Per questa ragione, per una sorta di mancanza di consapevolezza delle accuse, per i giudici genovesi Toti non può essere rimesso in libertà perché non sarebbe in grado di distinguere tra comportamenti legittimi e illegittimi, dovendo tutte le volte «farsi spiegare» la differenza dagli inquirenti. In Cassazione il legale evidenzia «il tono, ai limiti della irrisione, con il quale viene trattato un tema così serio e, in particolare, una dichiarazione di ferma volontà da parte di una persona che si trova in stato di restrizione della propria libertà personale».

Dire che Toti «abbia la necessità di farsi spiegare ogni volta dagli inquirenti cosa sia lecito e cosa non lo sia, oltre ad essere offensivo dell’intelligenza dell’uomo», non coglie «il senso» del discorso del governatore. Ragionando in questo modo allora «l’impegno diventerebbe credibile solo laddove rappresentasse la manifestazione di una adesione morale» alle tesi dell’accusa e al conseguente «pentimento».

Ma così «si ricadrebbe in una visione etica del diritto penale, riflesso di una concezione totalitaria» che si basa su «confessione» e «pentimento». E poi, il fatto «di ritenere gli elementi desumibili dalle intercettazioni come graniticamente certi», per il legale Savi denota «l'assenza di una base razionale dell'ordinanza.

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