Sexgate al Parlamento Ue: "Molestate 12 deputate"

La denuncia delle politiche a Strasburgo Ma al dibattito sugli abusi l'aula resta deserta

Sexgate al Parlamento Ue: "Molestate 12 deputate"

In tema di rispetto verso le donne c'è poco da essere ottimisti se perfino le «serie» aule del Parlamento europeo sono teatro di «furtive palpeggiatine» (è esattamente questa la formula usata dalle ministre svedesi Margot Wallström e Asa Regnér). Come dire che l'Eurocamera di Strasburgo è non meno insidiosa di una camera d'hotel occupata dal produttore Weinstein. Non si tratta di pettegolezzi, ma di denunce circostanziate. Tanto che ieri proprio il Parlamento europeo ha deliberato che «bisogna approvare una risoluzione per combattere molestie ed abusi sessuali nell'Ue».

Ma - a giudicare dallo sparuto numero di presenti in aula - il tema non è evidentemente considerato una grande emergenza; appena una quarantina gli interventi, e quasi tutti da parte di eurodeputate. Quasi a voler rimarcare che la «cosa» è una questione di donne. E che è meglio se se la sbrigano loro. Anche se va detto che il presidente dell'Eurocamera, Antonio Tajani, ha subito preso una posizione netta: «Vicende inaccettabili, mi auguro limitatissime». Dichiarazione seguite alla denuncia choc della capogruppo dei Verdi, Ska Keller: «Ci sono relazioni di molestie anche all'interno del Parlamento Ue ma non basta parlarne, dobbiamo mettere per iscritto cosa vogliamo fare come Ue». Ieri se n'è sì ancora parlato, ma di «scritto» non è venuto fuori nulla.

Si riproverà oggi con l'assemblea che dovrebbe approvare un testo di compromesso con cui chiedere alla Commissione «come l'Unione stia affrontando la lotta contro gli abusi sessuali e come stia aiutando e proteggendo le vittime».

Per Barbara Matera (Fi) si è perso fin troppo tempo: «Siamo dinanzi a un tema che affligge profondamente l'Unione europea e le sue istituzioni. In seguito al caso Weinstein molte donne hanno finalmente avuto il coraggio di denunciare molestie e abusi subiti, perfino tra queste mura, troppo spesso».

La britannica Julie Girling (Conservatori e Riformisti Europei) scende in campo direttamente, offrendo di «dare un lavoro nel suo ufficio alle assistenti che dovessero perdere il posto dopo avere fatto una denuncia».

Non fa sconti ai suoi colleghi Margot Parker dell'Ukip: «Abbiamo sentito tutti le storie e i rumor andati avanti per molti anni. Il luogo che pretende di legiferare contro questo genere di comportamento disgustoso sta chiudendo gli occhi di fronte a questa pratica. L'idea che eurodeputati o funzionari usino le loro posizioni di potere per perpetrare abusi è vergognosa e inaccettabile».

Parker ha anche detto di aver chiesto chiarimenti all'ufficio di presidenza su 15 presunti casi di denunce di molestie sessuali a carico di eurodeputati. Ma dall'ufficio stampa dell'Europarlamento ribadiscono che «ad oggi il comitato istituito ad hoc per occuparsi di eventuali denunce non ha ricevuto alcuna segnalazione». È il solito balletto delle tre scimmiette: non vedo, non sento, non parlo.

Ma a vedere, sentire e parlare sono le 12 eurodeputate che hanno inviato una lettera di fuoco al presidente Tajani e a tutti i membri dell'assemblea: «Anche noi siamo stati vittime o testimoni di comportamenti sessisti e aggressioni da parte di eurodeputati o staff del Parlamento. Non è legale essere molestati in ascensore, nei corridoi o durante una missione».

Le prime a picconare il muro di omertà

sono state le euroministre Margot Wallström e Asa Regnér. Entrambe hanno raccontato di episodi di molestie che vedono protagonisti leader Ue, di cui però non hanno fatto il nome.

Donne sì coraggiose, ma fino a un certo punto.

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