Perù, la sfiducia incrociata presidente-Parlamento

Vizcarra scioglie la Camera, che a sua volta lo sospende. Doppio leader e tensioni in piazza

Perù, la sfiducia incrociata presidente-Parlamento

San Paolo Il Perù è nel caos istituzionale. Il presidente Martín Vizcarra ha annunciato lunedì lo scioglimento «costituzionale» del Parlamento e ha convocato le elezioni per eleggerne uno nuovo. Ore dopo lo stesso Parlamento lo ha sospeso dalle sue funzioni per un anno per «incapacità temporanea» e al suo posto ha giurato come presidente ad interim la sua vice, Mercedes Aráoz.

La situazione a Lima è caotica perché nonostante Vizcarra abbia invocato una norma costituzionale che a suo dire gli consentirebbe di chiudere il Parlamento, numerosi costituzionalisti e politici hanno criticato la misura definendola «autoritaria» quando non addirittura «golpista». Tutti e tre i comandanti delle Forze armate - Esercito, Marina e Aviazione - hanno immediatamente appoggiato la decisione di Vizcarra, migliaia di persone sono scese in piazza per dimostrare il loro appoggio alla chiusura del Parlamento («Sì, se pudo», equivalente dell'obamiano «Yes, we can») mentre alcuni deputati hanno dormito all'interno dell'emiciclo lunedì notte in un atto di «resistenza». Ieri, inoltre, Lima si è svegliata con una serie di blocchi di polizia ed esercito che impedivano, insieme alle transenne erette in tutta fretta, ad altri deputati di entrare nello stesso Parlamento.

Non è dunque solo più il martoriato Venezuela ad avere due presidenti, quello de facto, Nicolás Maduro e quello riconosciuto da oltre 50 Paesi, Juan Guaidó, ma anche il Perù va considerato alla stessa stregua, anche se non è plausibile che senza l'appoggio militare e popolare la «presidente ad interim» Arraóz abbia molte possibilità di contrastare la «presidenza costituzionale» di Vizcarra, che ha indetto nuove elezioni per il 26 gennaio. Per lui i precedenti sono preoccupanti a cominciare dalla chiusura del Parlamento, imposta nel 1992, dall'allora presidente Alberto Fujimori, eletto democraticamente ma da quella data trasformatosi in un dittatore. Oggi «el Chino» è in carcere e, se andiamo a vedere i motivi che lo portarono a quel golpe, alcuni sono molto simili a quelli di Vizcarra, a cominciare dalla mancanza di una maggioranza che ne appoggiasse le decisioni. Certo, Vizcarra si è appellato a una norma costituzionale, ma sono indubbi almeno 4 aspetti che giocano a sfavore della sua credibilità. In primis, nel 2016, a essere eletto presidente fu Pedro Pablo Kuczynski e non lui che all'epoca era suo vice. Secondo, nel 2018 a costringere alle dimissioni lo stesso Kuczynski per le tangenti Odebrecht e, dunque, a spianargli la strada verso la presidenza, fu lo stesso Parlamento che ora ha fatto chiudere.

Terzo, il fatto che 75 deputati su 130 fossero del partito fujimorista e che gli bocciassero da un anno ogni tentativo di riforma, non basta per mandarli a casa d'imperio, anticipando di due anni le elezioni previste nel 2021. Infine anche Fujimori, quando chiuse il Parlamento, scatenò il giubilo di molti peruviani.

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