La Sicilia dei furbetti non paga le tasse

Dai politici ai petrolieri, buco di 52 miliardi in dieci anni per l'agenzia di riscossione

Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta
Il Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta

Nella Sicilia sommersa dai debiti e sempre bisognosa di soldi ci sono ben 52 miliardi di euro, mica bruscolini, di tasse non riscosse negli ultimi dieci anni. E a non pagare sono proprio tutti, dai petrolieri alle imprese agli stessi politici. Compresi alcuni deputati regionali.

È un quadro da Far West quello che Antonio Fiumefreddo, amministratore unico di Riscossione Sicilia, la società di tributi siciliana nata sulle ceneri della Serit, ha tracciato di fronte alla Commissione parlamentare Antimafia. Un quadro desolante, la fotografia di un sistema che anche sul fronte degli appalti sarebbe di illegalità diffusa. Cinquantadue miliardi, un'enormità. In gran parte persi visto che solo 22 non sono ancora prescritti.

Fiumefreddo è stato convocato dall'Antimafia dopo le sue denunce. Denunce che non hanno risparmiato neppure la stessa Regione, che pure di Riscossione Sicilia è azionista di maggioranza. «Abbiamo avuto una battaglia con alcuni deputati regionali - ha spiegato Fiumefreddo alla commissione presieduta da Rosy Bindi - che non pagavano e non erano perseguiti, anche per importi milionari. Questo è l'humus in cui si lavora: sembrava lesa maestà il fatto che Riscossione Sicilia bussasse a Palazzo dei Normanni». Lo scontro era sorto un anno fa proprio mentre era in corso la trattativa per la ricapitalizzazione della società, sui dati relativi ai deputati siciliani morosi, 73 su 90 a vario titolo. Incluso lo stesso governatore Rosario Crocetta, cui Riscossione Sicilia aveva contestato un debito di 39mila euro che Crocetta diceva non dovuto ma che, assicurava, avrebbe pagato, nelle more di presentare ricorso.

Davanti all'Antimafia ieri il numero uno di Riscossione Sicilia è stato pesantissimo: «Al 2015 - ha affermato - Riscossione Sicilia, che dovrebbe incassare 5 miliardi e 700 milioni l'anno, ne incassava appena 480, ovvero l'8%. Ci siamo imbattuti in resistenze fortissime - ha denunciato ancora - i maggiori debitori sono i comuni, in testa Catania con 19 milioni, poi Messina, Siracusa e ultima Palermo. Abbiamo chiesto di avere risposte ma non ne sono arrivate». Difficoltà di notifica, impossibilità di rintracciare i debitori, pure minacce mafiose secondo Fiumefreddo. Che punta l'indice anche contro le piattaforme petrolifere: «C'è una realtà interna alla Sicilia veramente impensabile: abbiamo chiesto ai titolari delle piattaforme di estrazione di mostrarci se avessero versato le tasse. In Sicilia nessuno aveva mai chiesto loro di pagare. Quando abbiamo chiesto l'elenco delle piattaforme ci è stato risposto che non c'è. Dall'indomani non hanno consentito ai nostri ufficiali esattoriali di entrare nelle piattaforme petrolifere».

Sugli appalti Fiumefreddo ha detto di avere fatto segnalazioni all'Anac di Raffaele Cantone.

E ha anche parlato dello strano suicidio di un dirigente, Mario Capitani, posto al vertice dell'ufficio centrale grandi evasori. «Sono contento - ha commentato Crocetta - Fiumefreddo ha mostrato una Sicilia che combatte il malaffare. L'evasione fiscale riguarda in gran parte i ceti privilegiati della società».

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