Avevamo detto, subito dopo le elezioni, che Giorgia Meloni sarebbe stata il primo presidente del Consiglio donna della storia d’Italia senza la necessità, la pretesa, o il trucco, di essere chiamata "la Presidenta". In discontinuità con quella che invece era stata la più importante battaglia del Presidente della Camera Laura Boldrini. E infatti nei primi comunicati ufficiali la neo incaricata è stata chiamata, dal suo staff e per suo volere “il Presidente Meloni”. Ma prima che potesse intervenire Michela Murgia, secondo cui è “cultura” chiamare Giorgia Meloni “bastarda” come ha fatto Saviano, ma guai a chiamarla “il presidente”, è arrivato il sindacato dei giornalisti della Rai (Usigrai).
Domenica pomeriggio, subito dopo lo scambio della campanella, il sindacato dei giornalisti del servizio pubblico è intervenuto con una nota ufficiale: “In molte testate della Rai stiamo assistendo ad un pericoloso arretramento”. E quale sarebbe questo "arretramento"? Siamo tornati alla tv in bianco e nero? A vietare le minigonne? Arbore riparte con Indietro tutta? Tutt’altro: “Le direzioni stanno chiedendo alle colleghe e ai colleghi di usare il maschile per indicare il nuovo incarico di Giorgia Meloni, perché è lei a chiederlo”.
E allora se lo chiede Lei, qual è il problema???
“Ferma restando la libertà di ogni persona di denominarsi come meglio crede, altra cosa è il racconto giornalistico”. Attenzione a questa parole del sindacato Rai. Ci stanno dicendo che in qualunque modo un soggetto voglia denominarsi, il racconto giornalistico è un’altra cosa. Come dire che se Wladimir Luxuria (non ce ne voglia l’ex parlamentare) ci chiede di chiamarla al femminile, noi possiamo continuare a farne un racconto al maschile. Anni e anni di Platinette in tv, ma noi dovremmo chiamarla Mauro Coruzzi. Per fortuna non è passato il ddl Zan che voleva introdurre il riconosciment dei generi non binari, altrimenti l’Usigrai sarebbe stata passibile di reato!
"Ricordiamo che il contratto Rai Usigrai contiene al proprio interno il Manifesto di Venezia che fa preciso riferimento al linguaggio di genere”, prosegue la nota. Ma il manifesto di Venezia vuole combattere la violenza sulle donne, cosa c’entrano gli articoli determinativi? È femminicidio usare "il"?
"La policy di genere aziendale recentemente approvata dal consiglio di amministrazione della Rai indica di usare il femminile lì dove esista". Cioè non sono obbligati al maschile, ma sono obbligati al femminile!
"Ordini di servizio o indicazioni in senso contrario verranno contestati dal sindacato nelle sedi opportune. Chiediamo alle colleghe e ai colleghi di segnalarci eventuali violazioni". Ci mancava l'invito finale alla delazione!
Con Usigrai anche il Corrierone: "Il Corriere della Sera segue la linea dell’Accademia della Crusca, come il Quirinale nel presentare la lista dei ministri e delle ministre. Usiamo, quindi, la declinazione al femminile delle cariche: la presidente, la ministra, la sindaca, l’avvocata, etc. Siamo tenuti a utilizzare il maschile solo se riferiamo tra virgolette le dichiarazioni delle donne con incarichi che si riferiscono a se stesse al maschile. È una battaglia che parte da lontano, e che con gli anni si sta consolidando, con l’avallo di tutta la redazione e della direzione del giornale". La battaglia delle A! E pensare che era stato proprio il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a dire: "Insisto in una licenza, quella di reagire alla trasformazione di dignitosi vocaboli della lingua italiana nell’orribile appellativo di ministra o in quello abominevole di sindaca"
Per questo insieme a presidente (Napolitano come Meloni), continuiamo a preferire ministro e sindaco.
Indipendentemente dal genere.E pensare che Meloni, oltre che primo presidente del Consiglio donna è anche il più giovane. Generazione '77, proprio come Ambra Angiolini. Lo chiamereno governo "non è la Rai".
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