
«Il Salva Milano non s'ha da fare». Una frase che in moltissimi hanno pronunciato da luglio (quando il vicepremier Matteo Salvini lanciò l'emendamento al Salva Casa) a oggi, ma con motivazioni diverse. Se ambientalisti, 5stelle, sinistra e timidamente il Pd, hanno sempre sostenuto che non si potesse approvare un condono per progetti finiti sotto inchiesta (una ventina, di cui 3 sotto sequestro e circa 150 sotto osservazione) ora è lo stesso Comune di Milano, alla luce dell'inchiesta, a chiedere ufficialmente il congelamento del disegno di legge cosiddetto «Salva Milano» fermo alla Senato in attesa degli emendamenti (12 marzo il termine per la presentazione).
«Alla luce delle ipotesi di reato emerse dall'Ordinanza del Gip - la nota di Palazzo Marino - l'Amministrazione considera di costituirsi parte civile». Il motivo? Dirigenti e funzionari responsabili, come i membri di commissione, hanno disatteso l'obbligo del 2020 di dichiarare eventuali condizioni di incompatibilità. «Dichiarazioni che non risultano essere state rese da chi oggi è indagato». Il Comune rivendica di aver messo in atto diverse misure come la delibera di febbraio 2024 con le linee guida per la pianificazione attuativa e ristrutturazione edilizia in linea con le interpretazioni del Gip, la modifica a settembre del Regolamento della Commissione comunale per il Paesaggio, la chiusura al pubblico a novembre dello Sportello Unico per l'Edilizia e 1° marzo l'avvicendamento di alcuni dirigenti. Nel frattempo «sono stati avviati i lavori per un nuovo Piano di Governo del Territorio». Mosse tardive, come dimostrano le intercettazioni e le carte della Procura, che evidenziano come l'«organizzazione parallela e sostitutiva di quella istituzionale degli uffici» avesse messo in piedi un «sistema ad incastro fondato su circolari e determine dirigenziali» dal 2018. Ora «gli elementi di maggiore gravità descritti negli atti di accusa inducono questa Amministrazione a non sostenere più la necessità di proseguire nell'iter di approvazione della proposta di legge cosiddetta Salva Milano».
Partono all'attacco i Verdi con Carlo Monguzzi: «Il sindaco, sulla cui buona fede non ho alcun dubbio, ha voluto fortemente il Salva Milano perchè c'erano i funzionari da proteggere dalle inchieste, non c'erano episodi di corruzione. Il Salva Milano va ritirato perché queste due cose non sussistono più». Così la segretaria del Pd, finora silente, Elly Schlein: «Non ci sono le condizioni per andare avanti su Salva Milano».
Il ddl, proposto dal relatore Tommaso Foti (FdI), e approvato alla Camera grazie ai voti di Lega, Fi e Noi moderati e dell'opposizione (Pd, Azione, Italia viva e +Europa) e bloccato al Senato dall'opposizione di Pd, 5Stelle, Sinistra e Verdi, con qualche mal di pancia anche di Fdi, rischia di abbandonare Milano, le imprese edili e i cittadini che quelle case hanno comprato, al loro destino.
Lancia un appello alla responsabilità il sottosegretario della Lega Alessandro Morelli, che in questa partita ha giocato un ruolo di primo piano: «Sono convinto che tutti debbano sforzarsi per trovare quanto prima una soluzione che faccia uscire da questa situazione di drammatico stallo che danneggia il Paese e vede vittime decine di famiglie nel limbo».
E Forza Italia con il senatore e relatore del provvedimento Roberto Rosso: «È un fatto politico che il Comune di Milano abbia tolto il suo appoggio al provvedimento. Per cui la prossima settimana dovremo valutare se e come proseguire con l'iter del Salva Milano».
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