A sinistra Giannini diventa un nemico solo perché leggerà il discorso del Cav

L'attore rievocherà l'intervento del 2006 negli Usa. "Repubblica": intollerabile

A sinistra Giannini diventa un nemico solo perché leggerà il discorso del Cav
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Oh persino a lui. Persino a Mimì metallurgico non si perdona il peccato originale di essere libero. Riassunto. Giancarlo Giannini, dicesi il nostro attore più conosciuto nel mondo, ha accettato, addirittura con imperdonabile entusiasmo, di leggere un discorso di Silvio Berlusconi al cosiddetto «B Day», la convention di Forza Italia a Paestum. Ma come, tu quoque.

Per qualcuno (purtroppo molti) è intollerabile che un attore faccia l'attore e scelga copione e set in base alla propria sensibilità e non alla convenienza politica. Insomma il ribelle antiborghese di Lina Wertmüller che legge un discorso del «Caimano» ha fatto venire il mal di pancia al solito club di giudici che dispensano patenti di moralità, dignità e presentabilità solo a chi la pensa come loro. Quindi, seguendo un filo giornalistico in linea con la propria linea, è planata Repubblica che ha subito chiesto conto dell'intollerabile affronto all'attore 81enne che manco si aspettava un processo del genere: «Ma perché me lo chiede, non lo capisco». Insomma, «perché leggerà il discorso del Cavaliere?». Risposta: «Il mio agente mi ha mandato questo intervento letto in America nel 2006, sulla pace, sull'immigrazione, e io l'ho trovato bellissimo». L'ha trovato bellissimo. Orrore. Candidamente Giannini spiega l'ovvio: «Sono un attore. Ho letto una volta un discorso di Martin Luther King e leggerei anche Mao Tse Tung se me lo chiedessero». Chiaro no? Evidentemente no. «Mmmm. Cosa c'è che non va? È un bellissimo discorso che lei naturalmente non ha letto» dice Giannini all'intervistatore, l'esperto Concetto Vecchio che confessa di non averlo letto ma poi rilancia: «Molti suoi colleghi sono di sinistra». Come a dire: lei esce dal seminato, rompe la liturgia morettiana per cui tutto ciò che attiene a Silvio Berlusconi è inavvicinabile. Qui c'è il vulnus, l'offesa: è intollerabile che un attore, specialmente se è un grande attore, possa avere addirittura la libertà di recitare quello che gli piace se quello che gli piace non piace alla gente che piace. Non a caso Giannini spiega che «io li giudico solo in base alla bravura, se sei bravo, bene, altrimenti sei un c...» Lampante.

In fondo, il «caso Giannini» è il manifesto di ciò che per decenni si è toccato con mano, si è letto e si è visto ovunque. Quando non era l'editore pagante, Silvio Berlusconi era inavvicinabile da chiunque volesse essere accolto nei cosiddetti salotti buoni. E così, probabilmente con l'ingenuità dell'artista, Giancarlo Giannini, 81 anni, fresco titolare di una stella sulla Walk of Fame di Los Angeles, si ritrova a chiedere «che curiosità ha? Si stupisce di questa mia lettura?». La risposta è evidentemente sì. Come sempre, ci si stupisce che ci siano artisti che abbiano idee diverse da quelle ritenute le uniche accettabili, ossia quelle di sinistra. Dopotutto capita sempre così. L'intolleranza non fa prigionieri.

Tanto per citare uno degli ultimi esempi, Arisa è stata per anni una icona della sinistra ma le è bastato parlare bene di Meloni per essere «consigliata» di non partecipare a un Gay Pride. Come a dire: se ti presenti, non possiamo garantire che non ti insultino o peggio. O sei a nostro favore oppure sei impresentabile.

Una selezione implacabile che stavolta è toccata persino a un attore che ha vinto sei David di Donatello, recitato in due film di James Bond e, da Luchino Visconti a Monicelli, ha convinto il meglio dei nostri migliori registi. Insomma, un maestro. Che a 81 anni deve persino giustificarsi su cosa pensa della politica: «Non me ne frega niente». Eggià, legge il discorso di Berlusconi semplicemente perché è «bellissimo». Punto. E giù il sipario.

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