La sinistra liberale a intermittenza

Il "Domani" accusa Salvini e Meloni di essere distante dai valori democratici, ma interloquiscono con capi di Stato e di governo espressioni del voto popolare

La sinistra liberale a intermittenza

La sinistra italiana destrofoba continua la sua invettiva politologica contro i partiti di Matteo Salvini e Giorgia Meloni, e contro ciò che rappresentano, cioè parecchie decine di milioni di cittadini.

Il dramma però è che quest'invettiva si fonda su un caposaldo ormai talmente ripetitivo da risultare stantìo: la destra è antidemocratica e dovrebbe essere diversa. Dovrebbe, cioè, piacere alla sinistra. È più o meno questo il succo dell'articolo firmato da Emanuele Felice su Domani: "La destra italiana ha problemi con i valori democratici".

Felice ritiene che la destra italiana sia da 30 anni illiberale, fin dai tempi di Silvio Berlusconi, lo stesso che però oggi la sinistra rimpiange. E ritiene che le cose da allora siano andate sempre peggio, per colpa di Salvini e Meloni, che, scrive testualmente: "Ostentano omaggi a Le Pen, Orbán, Bolsonaro, Trump e Putin. Giorgia Meloni in Spagna è affratellata con Vox, il partito di estrema destra nostalgico del franchismo; e in Polonia con Giustizia e legge, il partito che sta demolendo la democrazia polacca e, nelle parole della presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, 'mette a rischio la democrazia europea'".

Il fatto che gli intellettuali di sinistra si ostinino ad utilizzare le realtà ungheresi e polacche come esempi di regimi dittatoriali da cui dover prendere le distanze rappresenta plasticamente tutto l'odio che la stessa sinistra cova nei confronti dei processi democratici. Perché chi dovrebbe prendere lezioni di democrazia sono proprio loro, che negano il diritto dei popoli di riconoscersi in concetti, come l'identità nazionale, di cui bisognerebbe tutt'altro che vergognarsi.

La presunzione e lo snobismo di tesi come questa non tengono conto del fatto che Ungheria e Polonia le dittature le hanno conosciute. Al plurale. Perché oltre all'occupazione nazista hanno trascorso decenni sotto il giogo del comunismo sovietico. Molti degli elettori che hanno voluto Viktor Orbán alla guida dell'Ungheria con percentuali bulgare nel 2018 e riconfermato Andrej Duda pochi mesi fa in Polonia, sono tra l'altro, a livello anagrafico, gli stessi che le privazioni della libertà le hanno vissute in prima persona.

Il fatto che per la sinistra questi leader, compreso il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, riconosciuti dal popolo, dovrebbero essere ghettizzati a livello politico dai Salvini e Meloni di turno è quanto di più profondamente antidemocratico si possa sostenere. Peraltro, pur con le bacchettate che provengono da un'Unione Europea a sua volta politicizzata, Ungheria e Polonia fanno parte del processo di integrazione continentale, dunque partecipano a pieno diritto al processo democratico e rappresentativo che caratterizza l'Europa (compresi i vertici bilaterali, gli intergruppi, le conferenze congiunte, i meeting). Con le sensibilità che le contraddistinguono.

Che queste non piacciano alle firme del Domani, francamente, è del tutto trascurabile.

E anzi, che le firme del Domani, per sentirsi cittadini di un mondo migliore, vorrebbero silenziare i rappresentanti di milioni di cittadini europei (italiani compresi) è il più lampante esempio di illiberalismo possibile.

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