L’ex presidente della Camera, Laura Boldrini, teme che l’ananas finisca per essere messa fuori legge, mentre il senatore del Pd, Carlo Cottarelli, da Jesolo si interroga sul baccalà alla vicentina: "Ricetta veneta, ma viene dai mari del Nord, trattasi di alimento sovrano/nazionale oppure no?". Quel "sovranità alimentare" proprio non è andato giù alla sinistra, che da ieri non perde occasione per fare ironia sulla nuova denominazione assunta dal ministero dell’Agricoltura del governo Meloni. Sui social, ovviamente, non manca chi mette in guardia sul ritorno del fascismo. Peccato che in Francia sia stato il liberalissimo Emmanuel Macron ad inaugurare già qualche anno fa il Ministère de la Souveraineté alimentaire.
Al netto delle battute da bar (o meglio, da ristorante stellato), la questione è centrale, come hanno dimostrato in modo lampante prima la pandemia e poi il conflitto in Ucraina. Non a caso, tra gli addetti ai lavori sono pochi i commenti sarcastici. Al contrario, il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, plaude alla scelta del nuovo esecutivo di centrodestra: "Significa nei fatti un impegno per investire nella crescita del settore, estendere le competenze all'intera filiera agroalimentare, ridurre la dipendenza dall'estero, valorizzare la biodiversità del nostro territorio e garantire agli italiani la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità".
Luigi Scordamaglia, di Filiera Italia è dello stesso avviso: "Bene, sottolineare il tema relativo alle competenze sull'intera filiera e sulla sovranità alimentare che riporta, come da noi sempre richiesto, al centro l'enorme e insostituibile valore della produzione nazionale in un'ottica di apertura ad un commercio internazionale basato su regole uniformi e condivise, prendendo atto della sconfitta di un modello di globalizzazione senza regole, il cui fallimento, dal cibo all'energia, è sotto gli occhi di tutti".
"Quello di Sovranità Alimentare è un concetto al quale guardiamo con assoluto interesse e che speriamo venga tradotto opportunamente in azioni di governo perché è un tema caro al mondo della produzione e alle comunità agricole", insiste anche Gennaro Sicolo, presidente di Italia Olivicola. "Vuol dire dare valore alle produzioni locali e alla biodiversità, produrre in casa ciò che si può produrre e ciò di cui abbiamo bisogno, raggiungere l'autonomia e ridurre la dipendenza dalle importazioni superflue che spesso danneggiano le produzioni italiane".
Sovranità alimentare non è sinonimo di "autarchia", sottolinea Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia. "Si tratta – puntualizza - di un concetto ampio e complesso che sancisce l'importanza della connessione tra territori, comunità e cibo, e pone la questione dell'uso delle risorse in un'ottica di bene comune, in antitesi a un utilizzo scellerato per il profitto di alcuni". Un concetto, rimarca anche il fondatore di Slow Food, Carlin Petrini, intervistato da Repubblica, "su cui scommettono tutti i movimenti agricoli del mondo". "La guerra – spiega - ci sta mostrando che dove muore l'agricoltura locale, basta un evento esterno per affamare un intero Paese. Ma c'è un altro aspetto: la valorizzazione delle coltivazioni locali evita anche che quantità impressionanti di merci vadano avanti e indietro da un continente all'altro, con tutto quello che comporta per l'ambiente".
La battaglia al Nutriscore
Insomma, la gauche caviar può stare tranquilla. Con tutta probabilità nessuno ci chiederà di rinunciare all’ananas, allo Champagne o al caffè. Ma, per dirla con le parole di Petrini, è innegabile che "comprare fuori stagione una pera bio che arriva dall'Argentina ha un impatto estremamente peggiore sull'ambiente rispetto a una pera coltivata qui con agricoltura convenzionale nella stagione giusta". "Vogliamo difendere i valori, i prodotti tradizionali che raccontano la storia dell'Italia", ha chiarito il neo ministro Francesco Lollobrigida in un’intervista al Corriere, ricordando che "il sovranismo alimentare non nasce a destra" e che a metterlo nella Costituzione sono stati i governi socialisti come quello di Ecuador e Venezuela.
A lanciare la battaglia durante il vertice mondiale sull’alimentazione del 1996 è stata la Via Campesina, organizzazione internazionale che riunisce gli agricoltori di tutto il mondo. Oggi, la formula storicamente cara anche alla sinistra si tradurrà in una serie di provvedimenti a difesa della filiera agroalimentare italiana, che dai campi alla tavola, secondo le stime della Coldiretti, vale quasi un quarto del Pil nazionale: 575 miliardi. Tra le battaglie che Lollobrigida eredita dal suo predecessore Stefano Patuanelli, c’è quella sull’adozione di un sistema comune di etichettatura fronte pacco a livello europeo, arrivata ormai al redde rationem.
L’Italia, assieme ad un nutrito gruppo di Stati membri, si batte contro il Nutriscore, il sistema a "semaforo" che penalizza le eccellenze Made in Italy.
Ma sul tavolo c’è anche la lotta al cibo sintetico, alle contraffazioni dei prodotti tipici della Penisola - come il Parmesan e il Prosek - che causano alla nostra economia un danno potenziale da oltre 100 miliardi di euro, e il sostegno ad un comparto messo in difficoltà dall’aumento dei prezzi di materie prime ed energia a causa delle tensioni internazionali e della speculazione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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