"La sinistra sta facendo terrorismo perché ha perduto lo strapotere"

L'ex direttore di Raiuno: "Le scelte di Fazio e Annunziata guidate da un ordine di scuderia dei salotti radical chic"

"La sinistra sta facendo terrorismo perché ha perduto lo strapotere"
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«Il problema è che la sinistra non riesce ad accettare di aver perso lo strapotere in Rai e per questo sta inscenando un processo alle intenzioni scatenando il terrorismo su una ipotetica occupazione di tutti gli spazi da parte delle destra che, allo stato attuale, non si è vista». Ecco, in parole chiare e nette, quello che pensa della tempesta che sta accadendo nella televisione pubblica Fabrizio Del Noce. Prima inviato, poi direttore di Raiuno dal 2002 al 2009 e di Rai Fiction fino al 2012, ora in pensione tra Lisbona e il Piemonte, conosce bene l'azienda anche se l'osserva da lontano.

Dunque, Del Noce, dopo l'addio di Fazio e Annunziata c'è stata grande indignazione. La sinistra teme di essere silenziata.

«Ma dai. Semmai bisogna ricordare che l'occupazione manu militari è stata fatta dalla sinistra in quest'ultimo decennio in cui attraverso la formula del politically correct si è realizzato un dominio culturale di un solo pensiero».

Però sono stati cambiati tutti i vertici senza aspettare lo scadere del cda tra un anno.

«Operazione consueta. Solo che quando a farlo è la sinistra viene reputato corretto quando a farlo è la destra parte la levata di scudi ancor prima che le persone si mettano ad operare. Aspettiamo di vedere come si comporteranno i nuovi dirigenti: certo non saranno immuni da errori, ma si giudica dopo».

L'accusa è quella di voler cambiare i palinsesti, anche le fiction, per orientare il pubblico a destra e continuare a governare nei prossimi anni.

«In questa logica, allora, la sinistra si dovrebbe interrogare sul perché ha perso le elezioni avendo avuto in mano la Rai negli ultimi anni. E, questo, senza neppure essere legittimata dal voto popolare, come invece lo è questa governance espressione di un governo eletto democraticamente».

Si teme anche un'operazione revisionistica dal punto di vista culturale e storico sul fascismo.

«Si dovrebbero andare a leggere l'ultimo libro di Bobbio La mia Italia dove dice chiaramente che pensare a un ritorno del fascismo in Italia è assurdo. Lo spauracchio del fascismo indica che si è a corto di argomenti. Penso che l'unica logica sia quella di un riequilibrio che permetta di sentire le voci di destra e anche di sinistra».

Se così fosse, perché tanta paura da parte di Fazio e Annunziata?

«Secondo me le loro scelte sono state guidate da un ordine di scuderia, da una strategia degli ambienti culturali radical chic: piuttosto che venire a patti si pongono come argomento politico».

Anche lei, quando fu messo da parte, si candidò con Forza Italia nel primo governo Berlusconi.

«Infatti, non mi facevano più lavorare. La differenza tra allora e oggi è che adesso esistono molte emittenti dove trovare spazio e infatti Fazio è andato a Discovery».

Quando tornò, da direttore di Raiuno, fu nella bufera per il famoso editto bulgaro che portò all'uscita dalla Rai di Santoro, Biagi e Luttazzi. Siamo ancora in quella situazione?

«No, non ci sono paragoni. Premetto che, come ha riconosciuto anche Berlusconi, la gestione di quella vicenda fu un errore, andava risolta in maniera pacifica. Comunque, in quei casi si era nell'imminenza delle elezioni e ci furono attacchi durissimi senza la possibilità di un contraddittorio in trasmissioni del servizio pubblico».

Pure Fazio è accusato di ospitare opinionisti sempre schierati.

«Infatti l'unico punto di contatto tra le due vicende è che la sinistra pensa si possa fare una trasmissione a voce unica, a parti invertite sarebbe uno scandalo».

Finora, però, sono stati pochi i conduttori vicini al centro destra in grado di costruire trasmissioni credibili e seguite.

«Perché non è semplice formare una classe dirigente giornalistica se non si ha lo spazio per esercitarsi sul campo. Non si improvvisa, ci vuole tempo».

Intanto vanno

ancora in onda i programmi varati da lei da uno a due decenni fa.

«Appunto, nati nella tv berlusconiana che chiamavano RaiSet E non penso si possa definire innovazione quella che si è vista a Sanremo quest'anno».

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