Sisma colpo di grazia per la giunta militare. Mollata da Pechino (che sta con i ribelli)

I generali chiedono aiuto all'estero. Non ci sono fondi nemmeno per i soccorsi

Una delle tante immagini di devastazione provocate dal terremoto in Myanmar
Una delle tante immagini di devastazione provocate dal terremoto in Myanmar
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Il terremoto che ha colpito la Birmania promette d'infliggere il colpo di grazia alla giunta militare salita al potere con il colpo di stato del febbraio 2021. Per capirlo bastano alcuni elementi. La mancanza di risorse e la lontananza dei generali golpisti dalla tragedia della propria popolazione è tragicamente evidenziata dalle immagini in arrivo da Myanmar. Mentre il regime ha aumentato massicciamente la spesa militare investendo in aerei, droni e armamenti per colpire ribelli e organizzazioni armate, la popolazione civile è rimasta abbandonata a se stessa. Lo testimoniano i filmati in cui si vedono i feriti abbandonati nei cortili e all'entrata degli ospedali. Lo dimostra la mancanza di mezzi di soccorso nelle città trasformate in distese di rovine. Ma lo ammette persino il regime quando - rinunciando al tradizionale isolazionismo - si appella alla comunità internazionale implorando aiuti e soccorsi. In quella richiesta d'aiuto leggi gli spasmi di una giunta in agonia. Una giunta detestata non solo dalle minoranze etniche, da oltre settanta anni in lotta con il governo centrale, ma anche da gran parte dei «bamar», l'etnia birmana al potere dal 1948.

La violenza con cui il «tatmadaw», cioè l'esercito, ha cercato di spegnere la rivolta ha causato almeno 53mila morti e 3 milioni e mezzo di sfollati interni. Ma il risultato più disastroso per il regime è stato il ritorno sui campi di battaglia di una dozzina di minoranze etniche che in precedenza avevano firmato un cessate il fuoco con il governo centrale. Questo ha consentito agli oppositori birmani in fuga dalle città di prendere le armi al fianco delle minoranze etniche. Con conseguenze devastanti per una giunta militare che ha perso il controllo di metà dei territori e di gran parte dei confini. Chi scrive solo qualche settimana fa è entrato in profondità nei territori controllati dai ribelli Karenni spingendosi fino a Demoso alle propaggini meridionali dello stato Shan, 150 chilometri oltre la teorica frontiera orientale di Myanmar.

In tutto ciò il regime non può più contare neppure sull'aiuto del «grande fratello» cinese. Nel 2021 Pechino accettò di buon grado il ritorno al potere dei militari guidati dal generale Aung Hlaing. Un ritorno seguito dall'immediata incarcerazione di Aung San Suu Kyi, figlia del padre della patria Aung San e donna simbolo della democrazia birmana. Potendo tornare indietro Xi Jinping si guarderebbe bene dal ridare il suo imprimatur a quel colpo di mano. Anche perché la prima a soffrirne le conseguenze economiche e finanziarie è stata Pechino. Dietro il tacito assenso alle mosse di Aung Hlaing c'era il timore che un «eccesso» di democrazia regalasse spazio agli Stati Uniti.

Oggi la grande paura del Dragone riguarda gli investimenti commerciali e infrastrutturali per circa 20 miliardi realizzati in un Paese considerato un passaggio cruciale per i progetti di egemonia commerciale e strategica nascosti sotto il marchio della Via della Seta. Tra questi il porto sul Golfo del Bengala, i terminali petroliferi e il gasdotto collegati alla provincia dello Yunnan indispensabili - in caso di scontro con gli Usa e chiusura dello stretto della Malacca - per garantire i rifornimenti energetici provenienti dal Medioriente. E a minare ulteriormente la fiducia del «grande fratello» contribuisce il coinvolgimento della giunta militare nel rapimento di centinaia di cinesi costretti a lavorare nelle strutture criminali usate per realizzare truffe informatiche su scala globale.

Non a caso Pechino è oggi in contatto con i principali gruppi armati in lotta contro Yangoon.

Ed è sospettata di aver favorito almeno un'operazione condotta dall'opposizione armata al confine con la Cina. Dopo il sisma geologico molti insomma attendono il terremoto strategico indispensabile a Pechino per ridisegnare la geografia politica di una Birmania ormai fuori controllo.

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Avatar di AlessandroGrimaldi AlessandroGrimaldi
29 Mar - 17:38
Se questa triste vicenda fosse accaduta negli USA o in Occidente avrebbe riempito i rotocalchi e i servizi televisivi per settimane. Vedo che non ci sono commenti a riguardo, così mi pare di aver visto.
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Avatar di AlessandroGrimaldi AlessandroGrimaldi
29 Mar - 17:38
Se questa triste vicenda fosse accaduta negli USA o in Occidente avrebbe riempito i rotocalchi e i servizi televisivi per settimane. Vedo che non ci sono commenti a riguardo, così mi pare di aver visto.
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