Matteo Renzi ancora nella veste di presidente del Consiglio, a novembre scorso e in più di un'occasione, ha assicurato che la popolazione terremotata del centro Italia entro Natale avrebbe ricevuto container e casette. Certo non ha specificato di quale anno, ma forse tanta sicumera era dettata proprio dal fatto che una fetta della commessa, per la messa in posa delle Sae (soluzioni abitative di emergenza), se l'era aggiudicata il Consorzio Stabile Arcale. Fiorentino doc.
L'Arcale in questa storia non recita la parte del leone che invece è rivestita da Cns (Consorzio nazionale servizi) con sede a Bologna e partecipato da Legacoop, però si è accaparrato l'ordinativo di produrre e posizionare ben 780 casette in sei mesi. Nelle zone di competenza ovvero nel quadrante di Visso, Ussita, Pieve Torina e Castelsantangelo sul Nera di quelle casette ne sono arrivate solo 30. A Visso però nemmeno una delle 237 ordinate tant'è che il primo cittadino, Giuliano Pazzaglini, sta seriamente pensando di denunciare il consorzio Arcale: «Non c'è solo la penale per il ritardo della consegna, l'azione legale da mettere in piedi è una class action contro l'aggiudicatario della commessa. Anche a Ussita non hanno ricevuto neppure una Sae, a Pieve 20 su 220 richieste e a Castelsantangelo solo 10». Ma non è sconsolato il sindaco anzi si mostra agguerrito: «La situazione attuale ha del tragicomico, Errani ha firmato 40 ordinanze, altre ancora ne ha prodotte la Protezione civile eppure è proprio questo tipo di burocrazia a mettere un freno alla ricostruzione. Gli atti prodotti hanno aggravato i ritardi. Serviva semplicemente una legge speciale e invece dopo un anno siamo ancora fermi al giorno dopo il sisma». Già. E un esempio è presto fatto. I 9 passaggi di mano tra comune, regione, Dicomac, e ancora Comune, e poi di nuovo regione, ma anche protezione civile e ente di abitazione pubblica e per ultimo l'ufficio progettuale, di tutte le scartoffie necessarie per posizionare una Sae. Insomma un prodigio di burocrazia.
E infatti i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Cumuli di macerie, case con lesioni evidenti e baraccopoli di roulotte a dimostrazione di una ricostruzione che non c'è. Tuttavia la protezione civile ha pensato bene di predisporre altri servizi funzionali alla gestione burocratica. Uno per programmare un piano di prevenzione, comunicazione e sensibilizzazione che sia di supporto alle aree sismiche e vulcaniche. La spesa è 4 milioni in tutto. Ovvio che sorge spontaneo chiedersi perché mai la Protezione civile appalti un servizio del genere quando raggruppa tanti professionisti in grado di svolgere lo stesso lavoro personalmente. Che sia diventata essa stessa un'ennesima struttura veicolo alla pari di Consip e Invitalia? Chissà. L'altro bando invece è per la realizzazione e la gestione dell'archivio informatico dei danni: 300 mila euro è la cifra impegnata. Infatti a oggi il governo, sebbene tanti esponenti si riempiano la bocca di parole che lasciano sperare in una prossima riedificazione del tessuto urbano in queste aree del centro Italia, non è in grado di quantificare la spesa complessiva, neppure parziale. Primo tra tutti le cifre da erogare ai privati cittadini che non potranno avere i finanziamenti per la ricostruzione delle proprie case, sventrate o lesionate che siano, perché solo il 30 per cento di loro ha ricevuto la certificazione della classe di danno e il computo delle lesioni. E senza quella certificazione non potranno attivare, come recita una delle tante direttive Errani, l'apposito conto corrente.
Niente certificazione, niente soldi, niente ricostruzione. Però nei prossimi giorni continueremo ad assistere nelle zone del sisma a esemplari passerelle preelettorali tra iniziative spot come il bando di Legacoop per nuove imprese a Perugia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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