"Soldi da Caracas per sovvertire le democrazie"

Il deputato venezuelano dopo il caso M5s: "Il regime usa la strategia nata da Castro"

"Soldi da Caracas per sovvertire le democrazie"

L'anno scorso è stato quasi ucciso in Parlamento, picchiato in modo brutale. La famiglia è sotto attacco di continuo. È il prezzo da pagare quando si decide di stare all'opposizione in Venezuela. Il deputato, avvocato ed attivista politico Armando Armas, del partito Volontà popolare vicinissimo a Guaido, vive ormai da un anno e mezzo da ricercato. Il regime Chavista lo rivuole indietro, perché fuori è libero di raccontare. Troppo pericoloso. Intanto le dichiarazioni di Hugo Carvajal, il capo degli 007 di Chavez, hanno riacceso i riflettori sul Venezuela; è lui che in extremis, nel disperato tentativo di bloccare la propria estradizione negli Usa dove è ricercato per reati legati al narcotraffico, parla dei 3 milioni e mezzo di finanziamento al Movimento 5 Stelle; fa il nome di Gianroberto Casaleggio, anello di congiunzione - a suo dire - tra il Movimento e Chavez. Il figlio Davide minaccia querele e non ci sta, ribadisce la totale estraneità ai fatti del padre e promette nuove azioni giudiziarie. Eppure il racconto di Armas, testimone in prima linea della brutalità di un regime fa capire bene il clima del Paese.

Che interesse ha Maduro a finanziare illegalmente partiti stranieri?

«Semplice, vogliono destabilizzare. Il Venezuela non è uno stato poliziesco ma è governato da un apparato criminale. Lo Stato alimenta l'economia criminale, è totalitario e ha ambizioni egemoniche. L'obiettivo del regime è destabilizzare il sistema democratico. Con il denaro rinvigoriscono partiti populisti, i movimenti anti sistema».

Come i Cinque stelle o Podemos secondo Carvajal

«Sì ma non solo. Il loro raggio d'azione è mondiale. Un mese fa ero a Strasburgo, ho parlato con un mio collega di un Paese dell'Est Europa. Hanno avuto problemi anche loro con infiltrazioni da Caracas. Una riflessione: non è un caso che in Europa solo l'Italia, oltre a Cipro, non ha riconosciuto Guaido presidente democraticamente eletto. E c'era Conte come premier».

Di quale Paese si tratta?

«Non posso dirlo. Quello che voglio far capire è che fiumi di denaro sono andati in ogni Paese. E non sempre solo a partiti, ma anche a società. La corruzione è dilagante, dopo vent'anni di sistema sanno bene come fare, lobby la cui funzione è quella di mediare tra politici e militari del Venezuela come il caso della milanese Lattonedil, di cui hanno parlato anche i giornali italiani (gli inquirenti italiani sono al lavoro)».

Dopo Chavez, i finanziamenti illeciti sono continuati anche con Maduro?

«Certo, non si sono mai fermati ma anzi, è fondamentale per loro. È parte di una visione destabilizzante. Una strategia che nasce da Castro, e il Venezuela è un paese cooptato da Cuba, soggetto attivo per prendere il potere a Caracas. Già nel '98 la visione di Chavez era chiara: il Venezuela doveva lanciarsi nella rivoluzione cubana, ancora oggi c'è una presenza massiccia di intelligence cubana, di consiglieri cubani negli organi strategici. Uno schema di dominazione vera e propria. Poi ci sono altri attori sul piano militare e strategico, come la Cina la Russia, l'Iran, tutti Paesi antidemocratici che perseguitano la dissidenza».

Da dove arriva il denaro?

«Il pozzo è profondo. I soldi arrivano principalmente dal petrolio ma anche dal narcotraffico, dal denaro sporco internazionale che trova in Venezuela il posto ideale per essere lavato».

Eppure il vostro è un Paese poverissimo.

«Ma attenzione: è una scelta. Le risorse il Paese le ha. Il regime ha scelto deliberatamente di indirizzare le ricchezze per infiltrarsi nel mondo. E lascia la gente a morire di fame, un disastro criminale, in cui il 90 per cento della popolazione è povera e il 70 per cento vive in povertà estrema. Il Venezuela è tra i 4 Paesi più corrotti del mondo ma non solo, è tra i primi a corrompere. Pensiamo solo ai vicini di casa, Nicaragua, Argentina, Messico. La democrazia è un concetto che deve essere difeso».

Come ha fatto a fuggire?

«Da Washington dove ho amici, mi è arrivata una

telefonata che mi ha salvato la vita. Viviamo come in guerra, noi rappresentiamo l'opposizione, ma abbiamo infiltrati, così come loro. Ho attraversato il confine con tre ore di vantaggio, avevano già il mio mandato d'arresto».

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