Soldi e protezioni: la rete di copertura salva-terroristi e il patto segreto per non rivelarla

Un filo rosso lega le coperture francesi dagli anni di piombo a oggi fino a quando Parigi ha deciso di voltare pagina con l'arresto dei terroristi

Soldi e protezioni: la rete di copertura salva-terroristi e il patto segreto per non rivelarla

Un filo rosso lega le coperture francesi dagli anni di piombo a oggi fino a quando Parigi ha deciso di voltare pagina con l'arresto dei terroristi, che devono scontare la pena in Italia. Una rete di protezioni, soldi e un patto segreto per non fare emergere le verità ancora nascoste. «I latitanti italiani in Francia erano decine fin dagli anni settanta. Il filo rosso è il soccorso per i terroristi da allora a oggi, che ha avuto inizio con la scuola di lingue Hyperion a Parigi», spiega Giovanni Fasanella, autore di libri come Intrigo internazionale sul ruolo della Francia con l'ex magistrato Rosario Priore. Hyperion venne fondata nel 1977 dal trio Corrado Simioni, Duccio Berio e Vanni Mulinaris legati all'ala dura delle Brigate rosse. «Era una copertura del terrorismo internazionale. L'ho scritto nero su bianco in un rapporto al Sisde ancora secretato», rivela al Giornale uno degli uomini di punta dei nostri servizi segreti di allora. «I francesi sapevano tutto. E a Parigi c'era una banca utilizzata dal Kgb (l'intelligence sovietica, nda), che serviva a finanziare il terrorismo internazionale», sostiene la fonte.

Alberto Franceschini, uno degli ex capi della lotta armata, nel libro scritto con Fasanella Cosa sono le Br rivela un dettaglio importante su Giorgio Pietrostrefani, uno dei latitanti arrestato in Francia. Durante un incontro con lui, allora esponente di spicco di Lotta continua, si era schierato sulla linea più radicale, quella di Simioni fondatore di Hyperion con la protezione del famoso Abbè Pierre. Non è un caso che proprio Simioni sia stato decorato dal presidente francese Jacques Chirac «per i servizi resi alla Francia dal 1967», tre anni prima della fondazione delle Br. A Giovanni Senzani, altro brigatista di spicco, era stato sequestrato un documento che delineava la creazione di «una colonna estera» in Francia, che «avrebbe dovuto fungere da base di rifugio per latitanti, ricerca di armi, fondi e rifornimenti». Anche se la prima via di fuga era la Svizzera il magistrato Carlo Mastelloni, che si è occupato di 130 casi di terrorismo negli anni di piombo, ricorda che «si parlava di una colonna esterna, che curava l'espatrio clandestino e talvolta il proseguimento via Portogallo verso il Sud America». Nel 1981, quando le Br cominciano a cedere, arriva all'Eliseo Francois Mitterrand che «ci mette una pezza con la sua dottrina del garantire rifugio a chi rinuncia alla lotta armata, ma la Francia ospitava terroristi fin dagli anni settanta», fa notare Fasanella.

I latitanti nel corso degli anni diventano 200 con casi eclatanti come quello di Cesare Battisti. Alla vecchia guardia di Hyperion si sostituisce una nuova rete della sinistra al caviale. Il filosofo Bernard-Henri Lévy, la scrittrice Fred Vargas, i «Verts» (ambientalisti), la Lega dei diritti umani e organizzazioni come France Libertés e Attac, che hanno difeso a spada tratta Battisti. I legali, che non costano poco, sono ultra schierati e pronti a dare battaglia. Irène Terrel rappresenta 6 dei 10 terroristi italiani e parla di un «tradimento indicibile da parte della Francia». Non solo si è fatta le ossa difendendo gruppi di estrema sinistra, ma era avvocato di Cesare Battisti e aveva fatto scarcerare Marina Petrella, una delle terroriste finite in manette. «La rete che continua ad appoggiare i cosiddetti fuoriusciti potrebbe scatenare assieme a qualche frangia italiana la battaglia contro la vendetta, che non sussiste, per evitare l'estradizione in Italia dei dieci di Parigi», spiega Fasanella.

Secondo Mastelloni la «rete» si è sfilacciata, ma «esiste qualcosa di impalpabile fra gli ex terroristi, che riguarda i loro tesoretti" sulle domande ancora senza risposte - spiega il magistrato da poco in pensione -. In nome di un patto indicibile continuano a tacere. Il caso Moro è un esempio. E per quelli della Francia temo che sarà lo stesso».

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