C'è chi insiste sul Mes, chi continua a puntare tutto sulle risorse del Recovery fund, ma a fine 2021 un macigno potrebbe ostacolare la ripresa: il ripristino del Patto di stabilità. In un'intervista al Financial Times, il commissario europeo all'Economia Paolo Gentiloni ha lasciato ieri aperta la porta alla possibilità che venga prorogata la clausola generale di salvaguardia, il «grimaldello» con cui - a causa della pandemia - sono stati temporaneamente sospese le regole relative a deficit e debito. «La clausola generale di salvaguardia rimarrà in vigore per tutto il 2021 - ha spiegato l'ex premier - . Ma questo non significa che sarà disattivata a partire dal primo gennaio 2022. Se saremo ancora in profonda recessione dovremo mantenerla in vigore».
Per l'Italia, tra i Paesi che più faticheranno ad assorbire gli choc economici e di finanza pubblica provocati dal Covid, avere ulteriore respiro sul fronte dell'aggiustamento dei conti sarà di fondamentale importanza. La recente Nota di aggiornamento al Def, del resto, colloca al 7% il disavanzo a fine dicembre 2021, ben quattro punti in più rispetto a quanto previsto dai Trattati, e solo fra tre anni il governo ipotizza di scendere al 3%. E già quest'anno l'indebitamento sarà schizzato al 160% del Pil rispetto al tetto del 60% previsto. Una brutale reintegrazione dei vincoli di bilancio troverebbe quindi l'Italia quasi completamente indifesa, esponendola al rischio di forti tensioni sugli spread e alla speculazione soprattutto se verrà a mancare, anche solo in parte, l'appoggio della Bce di cui oggi gode.
I lavori che indirizzeranno le decisioni sul quando e come riattivare il Patto cominceranno la prossima primavera. È verosimile che i falchi punteranno a una rapida riattivazione del meccanismo. Gentiloni si è detto convinto che la Commissione europea non ripeterà gli errori commessi in passato. In particolare, quando si pensò di stringere le tenaglie dell'austerità come mezzo di contrasto al disastro innescato nel 2007 dai mutui subprime. Il risultato fu la crisi del debito sovrano e una double dip, una duplice picchiata nella recessione. Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione e supervisore di Gentiloni, sembra tuttavia scalpitare per tornare all'antico.
Insomma, ci sarà da discutere come è avvenuto per mandare faticosamente in porto il Next Generation Ue. I ritardi accumulati dall'implementazione del fondo sono stati più volte stati rimarcati da Christine Lagarde. Sull'argomento la presidente della Bce è tornata ieri per ricordare che il Recovery «deve diventare operativo senza ritardi», dal momento che è fondamentale come al ruolo della politica monetaria debba essere affiancata anche l'azione della politica fiscale che deve restare «al centro dello sforzo di stabilizzazione» in un momento in cui i rischi al ribasso per l'economia «sono aumentati» e si profila una ripresa «instabile, con accelerazioni e frenate e legata alla velocità con cui sarà distribuito il vaccino». Tocca quindi ai governi darsi da fare. È ciò che chiede anche Gentiloni quando ricorda come l'Italia sia storicamente un Paese che ha sempre utilizzato a scartamento ridotto le risorse comunitarie.
«Per organizzare dal punto di vista istituzionale l'esecuzione di un piano così cospicuo, noi incoraggiamo procedure straordinarie». Ovvero, vanno semplificati i processi decisionali per arrivare a progetti «coerenti e realizzabili». Sennò, ammonisce Gentiloni, si rischia di trasformare il Recovery in un mezzo bazooka.
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