Spagna choc, voto anticipato. Così Sanchez prova a salvarsi

Elezioni a luglio e dimissioni: il premier cerca di non farsi logorare dalla sinistra e bloccare l'asse Pp-Vox

Spagna choc, voto anticipato. Così Sanchez prova a salvarsi
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Alla fine è caduta anche la roccaforte rossa, Siviglia, città contesa fino tra il Partito popolare e il Psoe del premier Pedro Sánchez. Risultati indiscutibili. Non c'è neppure l'analisi della sconfitta, da parte del segretario generale dei socialisti. Sánchez si palesa per sciogliere il Parlamento e, a sorpresa, anticipa le elezioni politiche al 23 luglio, sei mesi prima della scadenza della legislatura.

Troppo duro il colpo subìto alle elezioni del fine settimana; «locali», a cui il governo aveva però assegnato valenza nazionale. Al voto 12 «regioni» su 17 e oltre 8mila comuni. Al risveglio, una mappa del Paese improvvisamente colorata di azzurro, il colore del Pp. Troppo pesante il crollo del Psoe nel bastione storico dell'Estremadura e nelle regioni della Comunità Valenciana, Aragona, Isole Baleari e La Rioja, passate alla destra moderata. Le urne diventano un cimitero senza appello: il Psoe perde oltre 400mila voti. Cede anche le regioni Cantabria e Canarie. Tiene solo Navarra, Castiglia-La Mancha, Asturia.

Un castigo severo dopo tre anni e mezzo di legislatura, tanto nelle città quanto nelle comunidades autónomas, le regioni. Sánchez prende atto dell'enorme discrasia. E va «all inn». Si assume la responsabilità della sconfitta; lascia, chiede ai cittadini di esprimersi, anche in vista del semestre che dal 1° luglio vedrà Madrid presiedere il Consiglio dell'Ue e prendere decisioni sulla guerra in Ucraina.

Una mossa, con cui il premier prova pure a rompere le uova nel paniere dell'esultante Pp, impegnato in un cauto dialogo con la destra di Vox, terzo partito, diventata centrale più del previsto per permettere ai popolari di governare in città come Toledo e regioni come l'Estremadura; i rispettivi distinguo potrebbero ritardare la creazione dei governi locali al dopo «politiche». Alleanza, intese, oppure?

Vox, il partito presieduto da Santiago Abascal noto per le affinità elettive con Fratelli d'Italia, ha già raddoppiato i voti e triplicato gli eletti locali. Ottiene il 7,18%, spalmato in aree con un peso specifico notevole: «Eccellente notizia dopo 4 anni di bugie. Siamo decisivi per l'alternanza», riassume. Débâcle totale invece per Podemos (1,13%), fuori anche dal parlamentino regionale madrileño (dove trionfa il Pp che da solo ottiene la maggioranza assoluta, confermando la presidenta Ayuso) e dal Comune (il sindaco Pp Almeida rivince e, come la collega alla regione, non avrà bisogno di Vox).

Cinquantaquattro giorni in cui può succedere di tutto. A sinistra del Psoe, qualcosa si muove già. Col disastro dei socialisti, crollati al 28,11%, resa dei conti rimandata. Le elezioni anticipate sono un'occasione troppo ghiotta per sprecarla litigando. Si lavora a una formula per ri-mobilitare gli elettori di sinistra. L'alchimista in capo è Yolanda Díaz, ministra progressista con ambizioni da premier: Sumar, la sua creatura è data tra il 10% e il 15% ed è pronta a raccogliere i cocci di Podemos. Ieri si ventilava un'alleanza di tutta la galassia a sinistra del Psoe. Ma c'è poco tempo per promuovere un nuovo contenitore. E i numeri dei popolari galvanizzano poco: il Pp ha superato il partito di Sánchez di oltre 700mila preferenze. Il presidente Alberto Núñez Feijóo, leader da un anno, ha ringraziato i 7 milioni e più di spagnoli che hanno votato Pp: «Maggioranza chiara, è solo il primo passo per un nuovo ciclo politico». Con il 31,5%, ha fagocitato anche i centristi di Ciudadanos, finiti senza rappresentanza, 1,35%.

Ma la Ayuso (Pp), da Madrid, mette in guardia: «Piedi di piombo, non è già fatta». La partecipazione sarà la vera incognita di luglio. E Sánchez lascia sperando di raddoppiare. Nuovo referendum sul suo governo. Vittoria o addio.

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