"La Spagna è dei razzisti". È guerra sulla stella del Real

Insulti dagli spalti, sfogo del brasiliano Vinicius. La replica: "Ingiurie". E il governo di Lula convoca l'ambasciatore

"La Spagna è dei razzisti". È guerra sulla stella del Real
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E venne il giorno in cui il caso Vinicius esplose in tutta la Spagna e non solo a livello calcistico. Il brasiliano del Real Madrid domenica sera è finito coinvolto in un episodio che ha mescolato razzismo, violenza e politica.

I fatti: al minuto 72 di Valencia-Real Madrid, partita poi vinta dai padroni di casa 1-0, primo momento teso tra Vinicius e alcuni tifosi locali dopo un'azione di gioco confusa, con due palloni in campo. L'attaccante va a pochi centimetri dal superare le protezioni per regolare i conti con un gruppetto di ultrà autori di presunti insulti razzisti nei suoi confronti, e ne indica uno, accusandolo di essere il colpevole; inutile lo sforzo di compagni e avversari per tranquillizzarlo. La partita prosegue tra le tensioni fino a quando nel finale Vinicius si trova in mezzo a un parapiglia, sbraccia nei confronti di Hugo Duro del Valencia e l'arbitro De Burgos lo espelle dopo un consulto al Var e un'interruzione di quasi dieci minuti. Qui si scatena il finimondo: quasi tutto lo stadio Mestalla inizia a inveire nei confronti dell'attaccante del Real mentre lascia il campo, con cori di scherno e non solo.

Un pomeriggio teso per tutti, con Carlo Ancelotti mai così indignato negli spogliatoi e a un passo dalla rissa con i giornalisti locali: «Uno stadio intero ha chiamato scimmia un calciatore. La Spagna ha un problema e la partita andava sospesa». Nel dubbio il club valenciano, dopo le iniziali prese di posizione a difesa della città più che altro, ha provveduto a «daspare» a vita due tifosi, indicati come responsabili dei cori razzisti nei confronti di Vinicius, che nel frattempo si è scatenato sui suoi profili social attaccando sia la Liga che la Spagna e ricevendo solidarietà diffusa dai colleghi.

Lo scontro comunque è proseguito anche fuori dal campo e ha coinvolto altri attori a cominciare dal Real Madrid, che ha annunciato di aver presentato una denuncia presso la procura generale di Stato per «crimini d'odio», un reato che in passato era stato applicato anche ad episodi di terrorismo. Un Real Madrid che ha il dente particolarmente avvelenato con Javier Tebas, presidente della Liga, che domenica sera ha risposto a Vinicius via social difendendosi e contrattaccando: «Non ti sei mai presentato nei giorni che avevamo concordato per discutere delle tue lamentele a proposito del razzismo, quindi non permetterti di giudicare la Liga e soprattutto non lasciarti manipolare».

Intanto l'entourage del brasiliano fa trapelare che se dovessero andare avanti così le cose non è da escludere addirittura un suo addio al Real Madrid e in generale alla Spagna, mentre l'agenzia che ne cura l'immagine lo paragona a George Floyd, l'uomo di colore brutalizzato e ucciso dalla polizia di Minneapolis nel 2020. Dal Brasile è intervenuto in difesa dell'attaccante pure il presidente Lula, è stata convocata l'ambasciatrice spagnola Mar Fernàndez-Palacios e annunciato un esposto formale alle autorità di Madrid. La politica spagnola intanto prova a tamponare tirando ciascuno dal suo lato, così la conservatrice Isabel Ayuso, governatrice della Comunità di Madrid, ha affermato che «la Spagna non è razzista, si rischia di trasmettere dagli stadi un'immagine dannosa e non veritiera».

Il premier socialista Pedro Sánchez durissimo su Twitter: «Tolleranza zero per il razzismo nel calcio. L'odio e la xenofobia non devono avere posto nel nostro calcio e nella nostra società. Non tollereremo comportamenti razzisti in un Paese solidale e la cui maggioranza sociale non condivide quanto si è visto ieri».

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