Marco Armoni è un esperto rinomato nel campo della cybersecurity e dell'intelligenza artificiale, con una carriera accademica e professionale che spazia su oltre tre decenni. Attualmente ricopre, fra l'altro, il ruolo di Senior trainer e coordinatore della Facoltà di intelligenza artificiale presso la New York University.
Professor Armoni, chi sono i responsabili del fenomeno di dossieraggio e spionaggio cui stiamo assistendo? Uomini dello Stato?
«Certo, potrebbero essere uomini dello Stato. Sicuramente c'è una loro responsabilità se vengono intesi come funzionari dei vari enti che non adempiono a quelli che sono i requisiti di sicurezza».
Questo perché avviene?
«Perché abbiamo ancora una sicurezza che è molto antica e non allineata agli standard».
Cosa può dirci rispetto allo spionaggio industriale e alle informazioni usate contro competitor esterni e interni?
«Generalmente quando parliamo di spionaggio industriale parliamo di questo: della costruzione di informazioni che possono servire o per danneggiare la persona su cui sono state richieste le informazioni oppure per favorirla. Mi ricordo anni fa di un funzionario, parliamo di industria militare, che girava tutti i progetti ad un competitor, in modo tale che potesse arrivare pronto, prima dell'azienda per la quale lavorava. Questo è all'ordine del giorno in tutto il mondo».
Le tecnologie renderanno sempre più facile spiare?
«Finché noi come Italia continuiamo a pensare a una sicurezza vecchia, cioè fatta come si faceva 10 anni fa, sarà sempre più facile. Dobbiamo svegliarci perché il mondo è totalmente cambiato. Dobbiamo adeguarci».
Dobbiamo rassegnarci all'idea che questo sia diventato ormai uno strumento per la lotta politica?
«Questo è sempre stato. Ma ribadisco: se noi avessimo dei protocolli di sicurezza robusti, tutto questo sarebbe molto più difficile. Se noi invece di fare le boutade a livello politico, ovvero dire che mettiamo un miliardo sull'IA generativa ci preoccupassimo veramente di andare a proteggere i nostri sistemi e i nostri accessi, sarebbe tutto diverso».
Secondo lei perché è esploso questo problema? È un problema tecnologico o di menti umane?
«Secondo me è un discorso politico».
In che senso?
«È appena stata recepita in Italia la direttiva NIS2 che è una direttiva molto stringente dell'Unione Europea sulla sicurezza delle reti dei sistemi. Siccome noi siamo molto indietro dobbiamo far vedere che c'è qualcuno che sta facendo delle attività malevole per poi andare a giustificare che non abbiamo avuto tempo, e che non siamo riusciti a fare le cose. Se noi ci fossimo svegliati due anni fa quando la direttiva era già stata approvata dal parlamento europeo, oggi tutto sarebbe diverso e questi signori avrebbero molte meno possibilità e facilità di accesso».
Quanto incide la globalizzazione in tutto questo?
«Più andiamo nella globalizzazione e più permettiamo alle persone di accedere a qualsiasi tipo di informazione, perché magari non facciamo un accesso basato sui ruoli, è chiaro che queste persone passeggiano per la rete e fanno tutto ciò che vogliono».
Cosa intende per accesso basato sui ruoli. Mi faccia un esempio.
«Se io sono un impiegato amministrativo di un ospedale non devo andare a vedere i dati sanitari dei pazienti. Purtroppo questo non avviene perché le comunicazioni sono vecchie e non sono state aggiornate».
Per quale motivo?
«Servono molti soldi e la coperta è sempre più corta».
La trasparenza può diventare un vantaggio?
«La trasparenza è un vantaggio se però è usata bene. Azioni di questo genere non andranno mai in trasparenza».
Cosa bisognerebbe fare?
«Nella trasparenza degli enti pubblici andare anche ad inserire tutta la parte della sicurezza che oggi non è assolutamente contemplata».
Politica e spionaggio amici o nemici?
«Sempre stati amici da sempre.
Lo spionaggio è amico della politica poi bisogna vedere quale spionaggio vince. Se lo spionaggio di destra o di sinistra. Ricordiamoci che con queste azioni possiamo, in campagna elettorale spostare migliaia di voti da una parte all'altra. L'ho visto in America in tanti altri paesi del mondo».
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