Stangata Trump: "Stati Uniti derubati, ora dazi reciproci. Auto, subito il 25%. Europa patetica, tariffe del 20%"

Donald lancia l'"Independence day" e presenta un dossier: "Da anni il mondo mette barriere doganali, torneremo ricchi. Faremo pagare metà di ciò che paghiamo noi". Base minima al 10% per Londra, 34% a Pechino. Giù dollaro e Wall Street

Stangata Trump: "Stati Uniti derubati, ora dazi reciproci. Auto, subito il 25%. Europa patetica, tariffe del 20%"
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«Il 2 aprile sarà ricordato per sempre come il giorno in cui abbiamo reso l'America di nuovo ricca, il giorno della liberazione». Il D-day di Donald Trump è arrivato, e il presidente Usa annuncia dal giardino delle rose della Casa Bianca alla presenza dei membri del suo gabinetto i famigerati dazi che rischiano di innescare una guerra commerciale globale. «Firmerò uno storico ordine esecutivo che impone dazi reciproci in tutto il mondo: questo significa se loro lo fanno a noi, noi lo facciamo a loro», sottolinea, assicurando che le nuove tariffe doganali che iniziano oggi «sono una dichiarazione di indipendenza economica».

Il comandante in capo fa sapere che i dazi all'Europa saranno del 20%: «Ci hanno derubato per anni, sono patetici», afferma. Poi precisa che imporranno circa la metà dei dazi reciproci imposti agli Stati Uniti, illustrando in una tabella le percentuali Paese per Paese.

Si inizia dalla Cina alla quale saranno applicati dazi del 34%, e poi del 24% al Giappone, del 26% all'India, del 25% alla Sud Corea, 32% a Taiwan, 17% a Israele, 10% alla Gran Bretagna. Le tariffe si vanno a sommare a quelle del 25% sulle auto importate, scattate alla mezzanotte di oggi. Secondo Mark Zandi, economista capo di Moody's Analytics, «se la guerra commerciale continua fino al Labor Day (il 1 settembre), l'economia Usa probabilmente subirà una recessione quest'anno». Trump, invece, insiste che questa «è l'età dell'oro dell'America», e le aziende possono evitare le imposte trasferendosi negli Stati Uniti. «I dazi funzionano e il primo mandato del presidente ne è la prova», ha aggiunto la Casa Bianca precisando che «nonostante la retorica dei politici e dei media, gli studi condotti al riguardo hanno ripetutamente mostrato che sono uno strumento efficace per raggiungere gli obiettivi economici e strategici».

A conferma della tesi, l'amministrazione cita l'Economic Policy Institute secondo il quale i dazi applicati nel primo mandato hanno «chiaramente mostrato che non c'è correlazione con l'inflazione». E poi fa riferimento all'analisi dell'Atlantic Council, per cui i dazi creino incentivi per favorire l'acquisto di prodotti made in Usa da parte dei consumatori americani. Le indiscrezioni sui piani di Trump si sono rincorse per giorni, e tra i suoi consiglieri il dibattito sarebbe proseguito sino a poche ore dall'annuncio. In attesa di certezze le piazze finanziarie mondiali sono rimaste alla finestra preoccupate dall'impatto del pugno duro di Washington.

Le borse europee hanno chiuso in territorio negativo, con l'eccezione di Madrid salita dello 0,40%, Piazza Affari ha perso lo 0,27% mentre Francoforte lo 0,66%. Wall Street ha invece accusato il colpo: lo S&P 500 e il Nasdaq hanno infatti perso subito tra i 2 e i 3 punti percentuali, mentre il dollaro ha ceduto l'1% contro l'euro. Ieri Trump si è pure scagliato contro quattro senatori repubblicani, accusandoli di slealtà per opporsi alla sua decisione di imporre dazi al Canada per il traffico di fentanyl. Su Truth ha puntato il dito contro Mitch McConnell, Rand Paul, Susan Collins e Lisa Murkowski ammonendoli che stanno giocando con la vita del popolo americano e facendo il gioco dell'opposizione. I dem hanno avanzato al Senato una risoluzione volta a ribaltare la dichiarazione di emergenza usata dal tycoon per giustificare le tariffe, a suo parere «solo uno stratagemma della sinistra per mostrare ed esporre la debolezza di alcuni repubblicani, vale a dire questi quattro, nel senso che non andrà da nessuna parte perché la Camera non lo approverà mai e io non lo firmerò mai». All'interno dell'amministrazione, intanto, stanno aumentando i malumori nei confronti di Howard Lutnick, il segretario al commercio e uno dei maggiori sostenitori dei dazi.

Secondo quanto riferito da diverse fonti al sito Politico, Lutnick ha spinto il presidente a essere «più aggressivo» sulle tariffe: «Spinge cose folli. Non conosco nessuno che non sia arrabbiato con lui».

E ci sarebbe un crescente consenso sul fatto che potrebbe essere costretto a prendersi la colpa per una eventuale crisi economica.

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