L a trattativa per la cessione ad Am InvestCo finisce con un naufragio che per il momento manda a picco le speranze di un rilancio dello stabilimento. Le polemiche invece vanno avanti. E lievitano con il passare delle ore. Al punto che attorno al complicato e incerto destino dell'Ilva infuria ormai uno scontro totale: da una parte il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, si scaglia contro il «populismo sindacale» e quello «politico»; dall'altra il presidente Pd della Puglia, Michele Emiliano, contrattacca precisando che l'esponente del governo uscente, nonché suo fresco compagno di partito, «ha fallito perché non ha la percezione esatta di quello che succede come probabilmente non ce l'ha neanche per le altre vertenze che non ha risolto». In mezzo ci sono i 14mila lavoratori del colosso dell'acciaio: gli operai sono aggrappati alla speranza di una schiarita dell'ultima ora e da lunedì inizieranno le assemblee nello stabilimento di Taranto, dove il sindaco Rinaldo Melucci, anche lui Pd, non nasconde i timori e prende le distanze dal governatore precisando che «le posizioni di Comune e Regione restano dissonanti».
Nel frattempo prosegue il rimpallo di responsabilità tutto interno alla sinistra. «C'è solo il no a tutti e tutto», tuona Calenda a proposito dell'intesa sfumata. Il ministro punta l'indice contro le rappresentanze sindacali, che hanno respinto la proposta di accordo a causa della mancata assunzione di tutti i dipendenti da parte di Arcelor Mittal con l'esclusione di 4mila dipendenti (2.500 destinati all'Ilva in amministrazione controllata e 1.500 nella «Società per Taranto» costituita da Ilva e Invitalia). «La verità è che si sono messi tutti a inseguire l'Usb», dichiara Calenda. Che non risparmia un duro attacco a Emiliano. «È quello che è: una mattina vuol chiudere l'Ilva - scrive su twitter- e la mattina dopo incontra Mittal; un giorno accusa il governo di essere al soldo delle lobby e poi richiama Renzi alla correttezza. Ma il problema non è lui, è il Pd che lo tollera, lo blandisce e non dice una parola». E poi ancora: «Vuoi mettere aggiunge il dibattito di oggi nel Pd sui pop corn, cosa vuoi che sia il più grande stabilimento del Sud a confronto».
La segretaria della Cgil, Susanna Camusso, dice che il ministro «non merita replica» perché «il suo è usare il gioco delle parole e tutto ciò che non va bene a qualcuno viene definito populismo». Emiliano invece non si fa pregare e risponde a muso duro a Calenda: «Non è riuscito a convincere il sindacato, non ha chiuso l'operazione, ha dovuto arrendersi completamente e ha consegnato tutta questa vertenza irrisolta al nuovo governo», dichiara il governatore attaccando il Partito democratico targato Renzi e affermando di riporre le speranze nell'esecutivo che verrà. A questo proposito, però, le prospettive non è che siano particolarmente incoraggianti. Perché le idee sembrano tutt'altro che chiare.
E mentre il Movimento Cinque Stelle in Puglia si dice apertamente propenso non solo allo stop delle fonti inquinanti ma anche alla riconversione economica dell'intera area di Taranto, la Lega bolla come «inaccettabile» qualsiasi ipotesi di chiusura.
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