E sercitazioni e manovre militari sono, in fondo, una messinscena. Nei piani del Dragone Taiwan non va conquistata, ma assoggettata. E per farlo basterà sfruttare la rivalità che divide il Partito Progressista Democratico, al potere a Taipei dal 2016, dagli eredi del Kuomintang fuggiti sull'isola nel 1949. Paradossalmente, insomma, potrebbero essere gli eredi del generale nazionalista Chiang Kai-shek a consegnare Formosa agli ex-nemici. Per capirlo basta considerare le relazioni tra Pechino e Kuomintang e quanto sta succedendo sui due versanti dello stretto di Taiwan. Storicamente il principale iato tra Kuomintang e Partito Progressista Democratico è il «Principio di Una Sola Cina», l'idea cara a Pechino secondo cui Formosa e la Cina sono parte di un'unica nazione destinata alla riunificazione. Mentre il Partito Progressista Democratico di Taiwan rifiuta una «riunificazione» considerata sinonimo di occupazione il Kuomintang condivide il Principio di «Una Sola Cina» basato sull'ideologia nazionalista anziché su quella comunista. Con il tempo la contrapposizione si è fatta però molto sfumata. Nel 1992 un incontro tra una delegazione della Cina Comunista e del Kuomintang elaborò l'ipotesi di un possibile «consenso» capace, per quanto i nazionalisti non lo ammettano ufficialmente, di permettere una riunificazione consensuale.
L'ambigua intesa rischia di facilitare la «riunificazione», o meglio l'assoggettamento che Xi Jinping promette da quando, nel 2013, è stato nominato per la prima volta Presidente. Nonostante le minacce delle ultime settimane Xi Jinping non ignora le analisi dei propri generali convinti che la Cina dovrà attendere il 2049 per poter contrastare la potenza militare degli Stati Uniti. Dunque l'unica soluzione è quella di una «conquista» favorita dal ritorno al potere del Kuomintang e da una sua possibile «collaborazione». Su questo fronte qualcosa già si muove. In questi giorni una delegazione del Kuomintang guidata dal numero due Andrew Hsia ha iniziato una controversa visita nella Cina comunista il cui obbiettivo è garantire i legami commerciali ed economici messi a rischio dalle politiche filo statunitensi della Presidente Tsai Ing-wen. Un obbiettivo a dir poco riduttivo visto che Pechino non paga delle recenti manovre militari nello Stretto ha appena pubblicato «libro bianco» in cui ribadisce la volontà di prendersi Taiwan a tutti i costi. «Siamo una sola Cina e Taiwan è parte della Cina Questo - afferma il libro bianco - è un fatto indiscutibile... lo status di parte della Cina è inalterabile».
E più significative del documento sono le parole di un Xi Jinping che ha appena invitato il Partito Comunista a «conquistare il cuore e le menti» dei cinesi di Hong Kong, Macao e Taiwan e a «unire tutti i figli e figlie della nazione cinese» nel nome di un «ringiovanimento nazionale». Come dire «conquistiamo» politicamente il favore dei cinesi di Taiwan per poi assoggettarli con gli stessi mezzi usati ad Hong Kong e Macao.
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