Simone Di Meo
Napoli Hanno tra i 14 e i 16 anni i tre ragazzini fermati per lo stupro di una 12enne a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. La procura per i minorenni ha chiuso in tempo record l'inchiesta, scaturita dalla denuncia delle vittima, e nel giro di un mese e mezzo ha individuato e fermato gli indagati. Mancherebbe un presunto quarto componente della gang perché il lavoro investigativo, condotto dalla Squadra mobile e dal locale commissariato, non è ancora terminato ma l'impianto accusatorio è quasi del tutto chiaro in ogni suo punto.
Si attendono i risultati delle consulenze informatiche e telematiche sui pc e sui cellulari sequestrati ai sospettati; passaggio necessario alla ricerca di video e foto della violenza. La ragazzina, infatti, nella sua deposizione davanti al pubblico ministero di viale Colli Aminei, ha sottolineato, in più occasioni che durante quei terribili momenti avrebbe avuto chiara la percezione di essere stata filmata. Le indagini si stanno concentrando anche sul web e su alcuni siti di condivisione di filmati amatoriali: il rischio, temono gli inquirenti, è che spezzoni o fotogrammi dei video possano essere stati caricati e resi visibili online.
Le indagini si sono svolte in un clima di massimo riserbo, caratterizzato dal susseguirsi di voci non confermate, come quella - poi smentita - secondo cui la dodicenne sarebbe rimasta incinta in seguito allo stupro. Dai pochissimi elementi filtrati si sa che la giovane avrebbe deciso di denunciare gli abusi dopo un mese di silenzio perché convinta da insegnanti e genitori: docenti e familiari, preoccupati per le sue condizioni emotive visibilmente alterate, erano riusciti dopo molte insistenze a farsi raccontare l'accaduto. La 12enne ha spiegato di aver accettato un invito a uscire in motorino da parte di un ragazzo più grande, col quale era nata un'amicizia. Invito fatto nella villa comunale di Castellammare di Stabia e trasformatosi in una trappola quando l'accompagnatore ha condotto la malcapitata in un luogo appartato, in campagna, dove sarebbero avvenuti gli abusi anche da parte di altri adolescenti giunti nel frattempo.
«Nessun trionfalismo né giustizialismo. L'obiettivo della famiglia è solo quello di tutelare la privacy della ragazza», ha sottolineato l'avvocato Roberto Chiavarone del foro di Napoli che assiste i genitori della 12enne.
I tre indagati appartengono a famiglie residenti nel famigerato rione di Scanzano, la roccaforte della camorra stabiese. Dove, da qualche mese, è tornato a vivere il potente capoclan Luigi D'Alessandro dopo aver scontato quasi trent'anni di carcere.
«Bisogna porre subito un argine, stare accanto a questi ragazzi: pensano che tutto sia consentito», ha detto Maria Luisa Iavarone, la mamma di Arturo, il ragazzo ferito con oltre 20 coltellate (due delle quali alla gola) da un branco di giovanissimi criminali in via Foria, nel centro città.
Dopo l'aggressione al figlio, Maria Luisa Iavarone, che è docente di Pedagogia all'università «Parthenope» di Napoli, è scesa in campo per chiedere non solo la tutela dei ragazzi vittime di atti di violenza e di bullismo, ma anche l'avvio di percorsi di accompagnamento degli stessi minori che ne sono autori.
«Serve una strategia che preveda percorsi di repressione e anche di prevenzione - ha aggiunto la Iavarone, che ha promosso l'associazione Artur - ed avere la consapevolezza che dietro un minore che sbaglia c'è sempre qualcosa che non ha funzionato». «Anche quello della violenza è un linguaggio - ha detto in ultimo - la cui grammatica noi abbiamo il dovere di correggere».
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