Lucetta Scaraffia ha insegnato Storia contemporanea all'università La Sapienza di Roma ed è membro del Comitato nazionale di bioetica dal 2007. Nel corso di una lunga carriera, che vanta collaborazioni anche con molte testate giornalistiche, tra cui Le Monde, si è occupata di storia della chiesa e di storia della religiosità. Date monografie come La fine della madre, Storia della liberazione sessuale o Due in una carne. Chiesa e sessualità nella storia è naturale chiedere la sua opinione sul dibattito chiaramente riaperto dal Ddl Zan sui rapporti tra Stato e Chiesa cattolica.
Partiamo dal Ddl Zan. Ci sono stati degli interventi della Chiesa cattolica che possiamo definire delle ingerenze?
«Onestamente a me sembra di no. La Chiesa Cattolica ha solo ribadito la sua dottrina, che per altro era nota, non mi sembra abbia minacciato alcunché. Né di levare l'investitura di cattolico a deputati o senatori, né di togliere i sacramenti o chessò io a chi vota il Ddl Zan. Nessuno ha parlato di scomuniche, ha semplicemente espresso il suo parere. Cosa che ha diritto di fare come hanno diritto di fare tutti. Come del resto hanno fatto molte persone o istituzioni che non sono d'accordo con il Ddl Zan pur non essendo cattolici».
Quali sono i documenti prodotti dalla Chiesa che hanno un valore specifico in questo dibattito?
«Tutti i testi che fanno riferimento all'esistenza di due sessi e per la Chiesa questa è una realtà che non può essere negata. Ma in questo la Chiesa non è sola, ci sono persone, e non solo di destra che sostengono le stesse posizioni. Vorrei ricordare che, in Francia, Sylviane Agacinski, la moglie di Jospin con una solida storia a sinistra, ha scritto un libro in cui dice chiaramente che l'umanità è divisa in uomini e donne. Poi capire come trattare le persone a cavallo tra i due sessi è questione legislativa per lo Stato, morale per la Chiesa. Ma senza mettere in discussione il fatto».
Quali sono i casi in cui, durante la storia italiana l'intervento della Chiesa su temi etici si è fatto sentire di più?
«Sicuramente per il divorzio e per l'aborto, che sono state due battaglie perdute per la Chiesa. Tra l'altro sono state perdute anche perché le donne volevano sia il divorzio che l'aborto. Ma sia il referendum per il divorzio che quello per l'aborto presentavano una struttura molto diversa rispetto al Ddl Zan. Il problema era punire o impedire la libertà. Un conto è dire che l'aborto è un peccato, io sono cattolica e lo penso, però mandare in prigione le donne che hanno abortito è una cosa crudele e inutile... Questo di nuovo non vuol dire che la Chiesa non può dire che l'aborto è un peccato».
Retrospettivamente la chiesa ha mai fatto pressioni dirette o si trattava di moral suasion?
«Di pressioni dirette nessun politico ha mai raccontato. Di certo il rischio di perdere elettori c'era, era quello a far paura. I cattolici sono stati, ed in piccola parte lo sono ancora, un bacino elettorale ambito. Persino il Pci stava attento a non scontentarli. Oggi sono meno forti. Ma questa resta un'influenza legittima».
Quindi per trovare un'ingerenza vera davvero dobbiamo tornare al Non Expedit?
«Sì però è durato poco e molti cattolici in quel caso hanno disobbedito. Era una battaglia inutile contro il nuovo Stato italiano, solo una questione di potere.
Ma non ha davvero nessun legame con la politica di oggi. Il Papa fa molte ma molte più pressioni, sui migranti, per motivi giusti e comprensibili, che sul Ddl Zan. In quel caso si è rivolto direttamente allo Stato. Ma non si scandalizza nessuno. E non si spaventa nessuno».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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