La sua "Buona domenica" così nazionalpopolare

Lo "Show" giustamente nel mito. E a quel programma pop e caotico lui era molto legato

La sua "Buona domenica" così nazionalpopolare

Quando il suo show era il programma di culto della tv, mi invitava raramente. Ero un giovane vicedirettore del tg di Italia1, anchor affermato e presunto belloccio, così dicevano i surreali sondaggi dell'epoca. È che quelli troppo alti non gli piacciono, mi disse una volta Pippo Baudo, ma ho pensato che fosse una sua confessione. Invece poco dopo, all'epoca di Buona domenica, ero spesso lì, credo più nella categoria dei belli presunti che dei giornalisti. Mentre fra di noi pensiamo sempre arbitrariamente di essere uno più bravo dell'altro, lì nella kermesse pomeridiana festiva c'era sempre qualcuno oggettivamente meglio di te. Ferite del Narciso a parte, non mi pento di quella lezione di popolarità. Nelle ricostruzioni storiche di queste ore, è un po' sfuggito quanto Maurizio amasse quel viaggio di sei ore nelle case degli italiani, lui seduto nella prima fila degli ospiti, qualche volta in scena ma soprattutto regista unificante del caos di balli, musiche, sketch, quiz, gossip e provocazioni. Il politically correct benedice il Maurizio Costanzo show, ma quello era il suo vero cordone ombelicale con la gente. Non sapevo che il destino mi avrebbe visto direttore della domenica di Canale5 per i dieci anni successivi. Maurizio avrebbe voluto fare un programma con la mia testata, Videonews, ne parlavamo spesso nel suo ufficio a Roma. Io mangiavo la pasta e lui parlava delle sue idee, lucido e instancabile. Ogni volta una tartarughina in regalo e quando gli dicevo che le avevo perse si arrabbiava, ma me ne dava delle altre. Ne conservo alcune, ormai amuleto della sua assenza. Il programma che voleva fare era Viaggio in Italia, tratto dal monumentale libro di Piovene del 1957. Dopo aver letto quelle 900 pagine buttai giù un format, ma era complesso, lui voleva andare in ogni regione, e ogni volta cambiare i conduttori. Controproposi sei puntate del Costanzo show a Lampedusa, con sei reportage simbolici dell'Italia di oggi alle prese con i migranti, ma non se ne fece nulla, peccato. Nel 2020 pubblicai un libro sulla disuguaglianza, ma puntualmente non fui invitato sul suo palco. Mi intervistò in radio e si soffermò sulla dedica ai miei genitori appena persi.

A Orlando e Irma, che avevano fretta di ritrovarsi lassù. «Molto bello Claudio. molto bello», mi disse. In quella lieve pausa c'era il mistero della morte. E ora che anche tu sei lassù, siamo tutti più poveri, come se avessimo perso all'infinito un grande padre.

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