Sul Colle "tranquillità assoluta". E niente interferenze

Mattarella non dirà nulla e firmerà il testo. Il malumore del capo dello Stato verso chi tenta di tirarlo per la giacca

Sul Colle "tranquillità assoluta". E niente interferenze
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Perplesso? Forse. Preoccupato? Chissà. Sull'orlo delle dimissioni? «Non scherziamo nemmeno». Dunque sul Colle «tranquillità assoluta e nessuna intenzione di interferire nel dibattito politico». Del resto, spiegano, Sergio Mattarella «ha già la penna in mano» e quando il disegno di legge sul premierato arriverà sulla sua scrivania dopo l'approvazione del Consiglio dei ministri, lui lo firmerà senza rilievi critici e richieste di modifiche.

È la prassi: fece lo stesso con la riforma di Matteo Renzi. È anche la linea più ovvia, visto che siamo ancora alle bozze e che l'iter sarà lunghissimo. La legge cambierà, inutile scaldarsi adesso. Serenità. Ma c'è una cosa che ha parecchio infastidito il presidente: ancora una volta una parte del centrosinistra lo ha tirato per la giacca. Lo ha arruolato nel fronte del no. Invece, dicono al Quirinale, «non ci sono posizioni né ci saranno commenti, perché questo è un argomento di esclusiva competenza parlamentare». Quindi Mattarella no, non l'ha presa bene. Era già successo appena qualche settimana fa, quando La Stampa e Repubblica avevano cercato di metterlo contro il governo sull'immigrazione e sui tagli alla Sanità e una nota ufficiale aveva espresso «lo stupore per le interpretazioni date da alcuni giornali a un discorso del capo dello Stato». Irritazione massima: «Il presidente non è il leader dell'opposizione». Questione politica ma pure di rispetto del ruolo e di bon ton istituzionale. Mattarella è l'arbitro, non uno dei giocatori.

Adesso di nuovo. L'interpretazione dei silenzi, lo scrutamento delle sopracciglia più o meno arcuate, il calcolo delle prerogative del Colle che potrebbero essere compresse con il premierato soft a cui sta lavorando Giorgia Meloni. Che ne pensa il presidente? Sarà felice di perdere qualche potere? Speculazioni che non trovano al momento nessuna sponda lassù. La riforma per ora è un ectoplasma indefinito, una nebulosa che sarà soggetta a dibattiti, voti, conferme e mediazioni. Ci vorranno, secondo i calcoli più ottimisti, un paio d'anni. Mattarella preferisce concentrarsi sull'oggi, sui problemi concreti della gente. «In questa fase di incertezza mondiale - dice - dobbiamo impegnarci nella tutela del risparmio delle famiglie e dei loro redditi contro la pressione inflazionistica».

Quanto al merito della legge sull'elezione diretta del premier, buio totale. Certamente il presidente non è stato tenuto all'oscuro, anzi risultano «interlocuzioni costanti» tra gli uffici giuridici di Palazzo Chigi e quelli del Quirinale. Il sottosegretario Alfredo Mantovano e il costituzionalista Francesco Saverio Marini informano il Colle di ogni novità. Un gesto di diplomazia obbligata, dato che la riforma toccherà il suo ruolo in uno degli aspetti più delicati, la formazione dei governi e la gestione delle crisi. L'articolo 4 del testo della Casellati prevede ad esempio lo stop a esecutivi tecnici.

Mattarella però non interferirà, non vuole

offrire nemmeno la più vaga impressione di una sua interferenza. Qualcuno nota come l'ultima bozza sia molto più sfumata rispetto a quella circolata in estate. Ma guai a parlare di trattative. «La parola è solo al Parlamento».

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