Non volano ancora gli stracci, ma le discussioni dell'Eurogruppo sulla riforma del Patto di Stabilità sono partite ieri col piede sbagliato. La casa comune europea, accogliente e solidale durante l'emergenza pandemica, rischia di trasformarsi presto nel monolocale dove si scambiano colpi sotto la cintola. Il tema su come ripristinare le regole di finanza pubblica, sospese fino al primo gennaio 2023, è da tempo assai spinoso. Anche perché il Covid ha creato una faglia ancora più profonda fra chi considera ormai anacronistici i dogmi del Trattato di Maastricht e quanti invece intendono tornare in fretta al rigore dei conti.
Italia e Francia, sostenute dalla Spagna, sono uscite allo scoperto con l'idea di varare un Fondo europeo, gestito dal fondo salva-Stati Mes, dove canalizzare il debito accumulato per impedire il tracollo economico causa pandemia. È un'idea quantomeno urticante per i cosiddetti Paesi frugali, visto che punta a una sorta di mutualizzazione del debito. Alla Bce toccherebbe infatti il compito di girare i titoli del debito sovrano comprati negli ultimi mesi al fondo, con l'effetto di sottrarli sostanzialmente alle disponibilità del mercato. Il debito resta debito, non c'è dubbio. Ed è per questo che ci impegniamo a tornare a regole di bilancio più severe quando la crisi sarà finita, ha tuonato ieri il ministro delle Finanze austriache, Magnus Brunner.
Se l'inflessibilità di Vienna era nota, così come la minor intransigenza dell'Olanda dopo il recente accordo di coalizione di governo che lascia molto più spazio agli investimenti, qualche dubbio restava sulla posizione che avrebbe assunto Berlino. Il titolare dell'Economia, il liberale Christian Lindner, aveva condotto una compagna elettorale incentrata sulle accuse ai Paesi spendaccioni, ma entrato nella coalizione semaforo con Spd e Verde si era fatto più conciliante. All'inizio dello scorso dicembre, aveva affermato che la Germania non può comportarsi come loro, cioè come gli alfieri dell'austerità. Una presa di distanza netta, e inattesa, che nel giro di un mese sembra essere stata abiurata. In modo elegante, ma fermo, l'epigono dell'ex capo della Finanze tedesche Wolfgang Schaeuble ha replicato ieri al collega francese Bruno Le Maire, che alla vigilia dell'Eurogruppo aveva dato fuoco alla polveri definendo obsoleta la regola che fissa al 60% del Pil il tetto massimo di indebitamento. Penso - ha detto Lindner - che sia io, sia Bruno siamo politici realistici, ed entrambi non siamo dei sognatori sull'ulteriore sviluppo del Patto di stabilità. Sono molto a favore di una riduzione del debito pubblico, è importante anche per l'Unione bancaria risolvere il nesso tra banche e debito sovrano. Posto che proprio la Germania, con l'Italia, sta ritardando la riforma del Mes (condizione fondamentale per trovare un meccanismo condiviso di assicurazione dei depositi), le parole di Lindner fanno calare una pietra tombale non solo sull'ipotesi di creare il Fondo di raccolta dei debiti da Covid, ma forse anche sulla proposta di non contabilizzare quelli destinati alla transizione ecologica e digitale. E lasciano inoltre presagire l'intenzione della Germania di sbarrare la strada all'idea di consentire una traiettoria più morbida di rientro dal debito eccessivo, in base alle regole attuali pari a un ventesimo della quota eccedente il 60%.
Per Roma e Parigi, un percorso insostenibile.
Il commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, lo sa più che bene, e per questo ieri ha subito messo le mani avanti: Deve essere molto chiaro che non siamo qui per ripetere vecchie discussioni, ma affrontiamo una situazione completamente nuova per il livello del debito.
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