Il summit dem fa rompere il silenzio a Elly

Schlein si consulta con i big prima di prendere posizione e definire "grave" il caso dossier

Il summit dem fa rompere il silenzio a Elly
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Prima la segretaria, poi il presidente del Pd prendono finalmente la parola, e si uniscono alla denuncia degli aspetti oscuri e inquietanti della raccolta abusiva di dati sensibili nelle banche dati della Direzione nazionale antimafia.

Elly Schlein, dopo aver parlato martedì sera di «scandalo di gravità inaudita», ci è tornata sopra anche ieri dall'Abruzzo: «Penso che sia molto grave che ci siano state centinaia di accessi non legittimi, cioè non per i fini per cui quelle informazioni sono in possesso di quelle autorità. Su questo bisogna vederci chiaro e per questo auspicavamo le audizioni del procuratore nazionale Antimafia Melillo e di Cantone, per fare piena chiarezza». Senza ovviamente «strumentalizzare» l'accaduto per «intaccare la libertà di stampa» o il ruolo della Dna. Usa parole dure anche Stefano Bonaccini: «Non è una cosa tollerabile in un paese democratico. Si tratta di una vicenda incredibile, che non deve e non può accadere. Occorre fare chiarezza per evitare che non succeda mai più».

Prima di rompere il silenzio sulla questione, Schlein si è consultata con diversi dirigenti del suo partito, per capire le dimensioni della vicenda. «Per sua cultura e convinzione, Elly è estremamente attenta alla questione delle garanzie e della tutela della privacy», dice un esponente vicino alla segretaria. «E poi era necessario, dal punto di vista politico, rompere il goffo tentativo del centrodestra di additarci come complici o mandanti di qualche oscura operazione». Anche perché il Pd, in assenza di una posizione chiara, rischiava di finire appiattito sulla vociferante linea di Sandro Ruotolo (allevato alla «scuola» di giornalismo di Michele Santoro, e abbiamo detto tutto) che da giorni sosteneva che l'unico scandalo fosse «l'attacco alla libertà di stampa» ossia al diritto di chiedere e pubblicare cartuccelle pescate abusivamente nelle banche dati.

Uno dei pochi esponenti di centrosinistra finiti nella pesca a strascico, il parlamentare dem Federico Fornaro, racconta a Repubblica il proprio stupore: «L'ho scoperto domenica dai giornali, che tra l'altro mi indicavano come parlamentare della Lega. Poi nei giorni successivi hanno scritto che ero del Pd, quindi sono proprio io... Mi pare una storia lunare». Intanto cresce la polemica sul ruolo di Cafiero De Raho, ora eletto dai 5s e membro della commissione Antimafia, ma all'epoca capo della Dna.

In molti, da destra ma non solo, esprimono dubbi sulla compatibilità e «anche il buon gusto», dice un esponente dem, di partecipare alle audizioni parlamentari sul tema: «È parte in causa». Ma lui non demorde: «È mio diritto».

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