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"Suo nonno sta per morire". Ma il medico è solo in video

Polemica per l'uso della telemedicina in California. La nipote: "Nessuno dovrebbe ricevere le notizie così"

"Suo nonno sta per morire". Ma il medico è solo in video

I mmaginate che un vostro caro sia disteso su un letto di ospedale. E ora, pensate a una macchina con un monitor che si avvicina. Dallo schermo della macchina un dottore vi sta dicendo, in videoconferenza, che la persona distesa sul letto sta morendo. Ernest Quintana aveva 79 anni e aveva una malattia polmonare, non riusciva a respirare. Era ricoverato al Kaiser Permanente Medical Center di Fremont, in California. Nella stanza di terapia intensiva c'era Annalisia Wilharm, 33 anni, la nipote. Lei e il nonno erano soli, quando un'infermiera è entrata nella stanza dicendo che un dottore avrebbe fatto il suo giro di visite. Ma al posto di un dottore in carne e ossa, nella stanza è entrata una grande macchina con uno schermo video. La ragazza ha pensato si trattasse di una cosa di routine, di una consegna di esami, ma è rimasta sbalordita quando il dottore in collegamento video si è messo a dire che per il nonno non c'era nulla da fare. Annalisia ha dovuto anche ripetere al nonno quello che il dottore in teleconferenza stava dicendo, perché Ernest aveva un problema all'orecchio destro e non ci sentiva bene. La ragazza ha ripreso tutto con il cellulare per mostrare a sua madre e alla nonna i «risultati degli esami». Quello che non si sarebbe mai aspettata era di ricevere informazioni sul polmone collassato e sul fatto che a Ernest non rimanesse molto da vivere: «Potresti non riuscire a tornare a casa». Questo ha detto il dottore. Ernest, a casa, non ci è mai tornato: è morto martedì, per una crisi respiratoria, due giorni dopo essere stato trasportato d'urgenza in ospedale.

Annalisia e la famiglia sapevano bene che il nonno non era in salute e che avrebbe avuto poco tempo da passare con lei e con i suoi cari. Si davano i turni per stargli vicino. Ernest era un padre e un nonno molto amato. «Stavo per perdere mio nonno», dice Annalisia alla Ktvu. Sapevano che «era molto malato, ma non penso che qualcuno dovrebbe ricevere le notizie in quel modo». Annalisia e gli altri famigliari sono rimasti scioccati. «Se venite a darci notizie normali, va bene, ma se venite a dire che non c'è più un polmone e che volete mettere una flebo di morfina finché non muore, dovrebbe esserci un essere umano e non una macchina», ha detto la figlia, Catherine Quintana. Michelle Gaskill-Hames, la vicepresidente senior della Kaiser Permanente, ha fornito una spiegazione scritta al sito di un altro ospedale, il Becker's Hospital. La Gaskill ha definito la situazione come «estremamente inusuale» e ha dichiarato che provvederanno a «rivedere» le loro «pratiche e standard». Nella dichiarazione, la Gaskill porge le condoglianze alla famiglia. Tuttavia, l'ospedale ha difeso l'utilizzo della telemedicina in campo medico, dicendo che la prassi prevede che siano presenti un dottore e un'infermiera durante le consultazioni a distanza. «L'uso del termine robot è impreciso e inappropriato». La telemedicina, secondo la Gaskill «non ha sostituito le precedenti conversazioni con pazienti e familiari e non è stata utilizzata nella diagnosi iniziale». La famiglia Quintana spera che una cosa come questa non accada mai a un'altra famiglia. «Non voglio accada a nessun altro", dice la figlia.

Certo, non è stato un robot a comunicare la notizia, ma un medico in videoconferenza apparso su un teleschermo di una grossa macchina. Ma di fronte alla morte, chiunque meriterebbe di avere davanti agli occhi una persona in cane ed ossa. Perché l'umanità, alla fine, è anche questo.

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