Superbonus, sul bilancio un peso senza fine. Dal 2024 al 2026 un extra deficit del 5,4%

L'ufficio parlamentare di Bilancio: differenza "macroscopica" rispetto alle attese

Superbonus, sul bilancio un peso senza fine. Dal 2024 al 2026 un extra deficit del 5,4%
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Ieri sera Standard & Poor's ha confermato il rating «BBB» sul debito italiano con outlook (ovvero la previsione) stabile. I prossimi appuntamenti sono con Fitch (3 maggio) e Moody's (31 maggio).

Detto questo, con i bonus legati all'edilizia ci siamo però ipotecati la cassa pubblica, quella che molti considerano già pericolante a causa dell'eccessivo carico del nostro debito sulle fondamenta contabili. Tutto per aver ceduto tanto alla fascinazione verso il rifacimento dello stabile malconcio in uno «green». Con un unico impulso, pavloviano: è (quasi) tutto gratis, paga lo Stato. Ma a ricordarci che lo Stato siamo noi, provvede l'Ufficio parlamentare di bilancio con una memoria inviata alla Commissione finanze e tesoro del Senato. Tema: le agevolazioni fiscali concesse all'edilizia a partire dal governo Conte 2. Lo svolgimento si può compendiare così: un disastro per i conti pubblici. Le cifre in ballo sono quelle che, di solito, fanno alzare entrambi i sopraccigli del rigore a quelli che poi ti sbattono sotto il naso le regole del Patto di stabilità, accompagnandoti verso la porta dell'austerità. Giusto ieri, l'Fmi ricordava che l'Italia è fra i Paesi che devono «accelerare il passo sul consolidamento fiscale». Non sarà un passeggiata di salute. «Al 1 marzo 2024 rileva l'Upb l'ammontare del Superbonus nel periodo 2020-23 è stato pari a circa 170 miliardi». E non è mica finita qui. Poiché esiste un effetto di trasmissione derivante dal deficit dello scorso anno, nel triennio 2024-26 il debito sarà gravato in media dell'1,8% annuo del Pil contro lo 0,5% del triennio precedente 2021-2023: in pratica è previsto un extra debito del 5,4%. Come togliere altri spazi a sanità, ricerca, scuole, pensioni. L'aver scelto allora il mattone come volano per stimolare l'economia, per quasi tutti un'idea meravigliosa per la ricrescita dopo le macerie da Covid, ha invece finito per produrre una differenza tra i risultati e le attese «macroscopica» e «senza precedenti», sentenzia l'Upb. Che poi va a scandagliare tutti i vizi di origine degli incentivi, a cominciare dalla regola che più di tutte ha contribuito allo sfacelo: l'elevata percentuale dell'agevolazione, superiore per esempio a quella concessa con l'Eco-bonus, da cui è germinata una spesa interamente a carico dello Stato. Così facendo, l'abituale negoziazione fra acquirente e fornitore per stabilire un prezzo equo per entrambi è andata a farsi benedire. E, con essa, ogni possibilità di contenere la spesa. Con la stessa logica adottata dagli Usa quando i mutui venivano concessi a chiunque, l'agevolazione è stata estesa, grazie allo sconto in fattura e alla cessione del credito, anche a soggetti in con scarse, o nulle, disponibilità economiche.

E ancora: con i meccanismi di autorizzazione preventiva del tutto assenti, non è stato possibile inserire un tetto di spesa; troppi gli annunci sulla cancellazione dei bonus il cui effetto ha portato a un'accelerazione dei lavori; molte le truffe indotte da un sistema di controllo lasco; pessima l'idea di prolungare la validità della misura da fine 2021 a tutto il 2025 (con aliquota al 110% per tutto il 2023). Come diceva Roosevelt, «le più grandi scommesse sono quelle relative alla casa e alla famiglia». La prima, a quanto pare, l'abbiamo persa.

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