Tajani oltre la Via della Seta: "Italia e Cina ora più vicine"

Il vicepremier: "Rapporti commerciali da intensificare In campo nuove opportunità per la nostra economia"

Tajani oltre la Via della Seta: "Italia e Cina ora più vicine"
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Tenere vivo il rapporto con la Cina, da una parte rafforzando gli scambi commerciali tra Roma e Pechino, dall'altra uscendo in maniera soft dagli Accordi sulla Via della Seta presi dal governo Conte.

Antonio Tajani fa il punto sulla missione commerciale in Cina appena terminata. Una visita che lo ha portato a presiedere insieme al suo omologo, Wang Yi, la sessione plenaria del Comitato Intergovernativo Italia-Cina, la prima a tenersi dal 2020. Impegno a cui si sono aggiunti incontri bilaterali con il Ministro degli Esteri Wang Yi e il Ministro del Commercio Wang Wentao. Tema centrale della visita è il rilancio del dialogo bilaterale, nel quadro del Partenariato Strategico Globale istituito nel 2004 dal Presidente Berlusconi e dall'allora Primo Ministro cinese Wen Jiabao. Partendo da un presupposto importante: con 34 miliardi di euro di interscambio nel primo semestre 2023, la Cina è il primo partner commerciale dell'Italia in Asia e riveste importanza primaria per le nostre imprese e i nostri prodotti.

È un «bilancio certamente positivo quello della mia visita con un rafforzamento delle relazioni tra Italia e Cina nel contesto del partenariato strategico che deve rappresentare un'opportunità per i nostri imprenditori», dice il vicepremier e ministro degli Esteri. «L'export rappresenta il 40% del nostro Pil, noi abbiamo il dovere di rinforzarlo» e «dopo il nostro incontro si aprono nuove opportunità in Cina per la nostra economia». Il posizionamento politico e strategico dell'Italia, naturalmente, non è in discussione. «Siamo alleati degli Stati Uniti ma questo non ci impedisce di avere un dialogo con la Cina». Con Pechino «apriamo oggi una nuova stagione per la nostra cooperazione rafforzata. Anche nel contesto dell'Unione europea, l'Italia è sostenitrice del dialogo con Pechino, come pure di un confronto franco e aperto su principi e valori».

Tajani si dice convinto che il partenariato strategico sia «molto più importante della Via della Seta». Su questo aspetto «ho illustrato le valutazioni che il governo italiano sta facendo sulla Via della Seta», in particolare rispetto ai risultati dei rapporti economici con la Cina che sono stati «più lusinghieri per Francia e Germania, Paesi che non hanno mai firmato il memorandum. Dovremo comunque ascoltare il Parlamento per decidere». Il governo comunque è deciso a tenere vivo nel tempo il dialogo con la Cina. «Prima della fine dell'anno saranno qui in Cina il ministro Anna Maria Bernini e il ministro Santanchè. Poi naturalmente ci sarà il presidente del Consiglio e il prossimo anno il presidente Mattarella, a suggellare questa forte amicizia e collaborazione su temi concreti». Il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, aveva in precedenza dichiarato che Pechino era «aperta» alle aziende italiane auspicando che le imprese cinesi che operano in Italia non vengano «discriminate». Per Tajani è un problema che non si pone. «La Cina non è mai stata discriminata. Anche quando abbiamo utilizzato la Golden Power, la Cina è stata toccata pochissime volte e con grande marginalità».

C'è poi il capitolo Ucraina. Tajani dichiara che anche la Cina ha interesse a far sì che la guerra in Ucraina finisca quanto prima. «Ho invitato i cinesi a farsi parte diligente affinché convincano il presidente Putin a fare marcia indietro, c'è preoccupazione anche da parte loro. Vedremo che cosa accadrà in occasione della visita di Putin in Cina. Noi riteniamo che la guerra debba concludersi con una pace giusta, che garantisca l'indipendenza dell'Ucraina e il ritiro delle truppe russe». Il titolare della Farnesina ribadisce il sostegno dell'Italia all'iniziativa della Turchia per il ripristino dell'accordo sul grano del Mar Nero e l'importanza della neutralità della centrale nucleare di Zaporizhzhia.

«I cinesi - sottolinea Tajani - sembrano volersi impegnare per un cessate il fuoco, ma ho ribadito che c'è un aggressore e un aggredito, che le due parti non sono sullo stesso piano. La ragione sta dalla parte dell'Ucraina».

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