Roma. Probabilmente la leader della Cgil, Susanna Camusso, è rimasta insoddisfatta dalla ferma opposizione del governo alla sua proposta di introdurre una nuova imposta patrimoniale per finanziare maggiori sgravi per i lavoratori dipendenti e reperire maggiori risorse per la flessibilità dei pensionamenti. A queste dinamiche «politiche» potrebbe essere in qualche modo legata l'approvazione di un documento a favore del no al referendum all'assemblea del sindacato di Corso Italia che si svolgerà domani e dopodomani a Roma. Nelle loro polemiche Camusso & C. tendono a dimenticare che «in Italia la patrimoniale c'è già, vale circa 22 miliardi di euro all'anno e colpisce una sola categoria di contribuenti: i proprietari di immobili».
La sottolineatura è giunta dal presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa, che ha ricordato come Imu e Tasi e riguardino, oltre a circa 75mila prime case, tante tipologie di immobili: quelli locati (abitazioni, negozi, uffici, che gli inquilini paghino o che siano morosi), quelli che non si riescono neppure ad affittare, le case di villeggiatura, quelle ereditate dai nonni nei paesi d'origine e lasciate deperire. «È una patrimoniale che sta impoverendo gli italiani, comprimendo i consumi, deprimendo il Pil, uccidendo il commercio. Ma nessuno se ne cura», ha concluso il numero uno dell'associazione dei proprietari immobiliari.
Gli stessi dati dell'Agenzia delle Entrate e dell'Abi confermano come questo eccesso di imposizione abbia depresso il mercato. Nel 2015 le compravendite, pur avendo registrato una ripresa (+6,5%), sono rimaste ben lontane dal record del 2007 (449mila contro 877mila). Il valore degli scambi, che si è attestato a 76 miliardi di euro, ha registrato un incremento (+5,4%) inferiore a quello delle compravendite, segnale che per dismettere un immobile bisogna essere pronti ad accettare offerte inferiori alla richiesta. Nel 2015 i prezzi immobiliari nelle grandi città hanno chiuso con una diminuzione del 4,2%, nei capoluoghi di provincia la flessione è stata del 3,7% e nell'hinterland delle grandi città del 4,5 per cento. Anche per quest'anno è atteso un calo dei prezzi, sebbene più contenuto. D'altronde, l'immobiliare è lo specchio della situazione economica e quindi se l'Italia non cresce ed è in deflazione, le case non possono comportarsi diversamente.
È chiaro che gli operatori del settore siano i primi a pagare le conseguenze di un trend molto negativo. Secondo i dati di Bankitalia sulle economie regionali rielaborati dall'AdnKronos, più della metà dei prestiti concessi alle imprese di costruzioni risultano crediti deteriorati. Nel 2015 hanno raggiunto il 56,6%, registrando un incremento di 4,8 punti percentuali rispetto all'anno precedente e di 8,2 punti in due anni.
Il livello maggiore di non performing loans si riscontra nelle imprese costruttrici del Sud e delle Isole (64,3%). Sono solo numeri, ma possono far capire bene che le patrimoniali servono solo a rendere tutti un po' più poveri.GDeF
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