Cinque giorni di lutto nazionale, con annessa repressione per chiunque osi pronunciare frasi contro il defunto presidente. E due giorni dedicati ai funerali. Così l'Iran ha deciso di tributare saluti e onori al defunto presidente Ebrahim Raisi. Ieri la cerimonia a Tabriz, dove si sono radunate decine di migliaia di persone per salutare Raisi e i sette membri del suo seguito, fra cui il ministro degli Esteri Hossein Amir Abdollahian, sventolando bandiere iraniane e mostrando ritratti del presidente. Poi il corpo del leader è stato trasferito nella città santa di Qom, a Sud di Teheran, e quindi nella capitale dove oggi è prevista la cerimonia solenne con la preghiera presieduta dall'ayatollah Ali Khamenei prima della sepoltura. Dopodiché sui aprirà davvero una nuova fase per il Paese che in un modo o nell'altro vedrà coinvolto proprio Khamenei. E ancora non è chiaro con quale declinazione.
Perché in questa transizione, prima dell'elezione del nuovo presidente che di fatto sarà scelto dai leader in carica, si pone anche il tema della successione della Guida Suprema. Khamenei ha compiuto da poco 85 anni e non è un mistero che Raisi, uomo di regime da diversi decenni, fosse tra i candidati più accreditati a prendere il suo posto. Il sistema politico-religioso della Repubblica islamica è complesso, ma la lotta di potere interna è iniziata da tempo. L'ipotesi più accreditata è una scelta di continuità con l'attuale establishment per il successore di Raisi, nessuno al momento vuole un cambiamento davvero radicale. Khamenei avrà un ruolo chiave, scegliendo un uomo a lui vicino ma dovrà fare attenzione alla posizione sempre più ingombrante dei Guardiani della Rivoluzione, il vero centro di potere politico e soprattutto economico dell'Iran degli ultimi anni, sempre più orientato verso l'estremismo militante. La repressione di ogni forma di protesta e le esecuzioni capitali di massa, oltre alle violenze contro le donne che «osano» sfidare le regole morali ne sono la dimostrazione più palese e tragica.
Ma Khamenei in questi anni è stato anche un equilibratore tra le varie anime del potere iraniano. Perché è vero che i pasdaran incarnano l'assoluta fedeltà alla Guida suprema ma è anche vero che negli ultimi anni hanno ampliato molto il loro potere. I circa 210mila uomini suddivisi in forze di terra, aeree e navali, non controllano solo le milizie volontarie ma hanno preso spazi notevoli anche nella gestione dell'economia, dal gas al petrolio, e dei rapporti con gli stati «amici», contribuendo a quell'alleanza con Russia e Cina non a caso ribattezzata «asse del male».
Ecco perché la svolta, qualunque sarà, sarà in ogni caso decisiva. Non solo per l'immediato ma anche per il prossimo futuro, dell'Iran ma e degli equilibri mondiali. Con il timore, concreto, di un estremismo sempre più radicalizzato e ancora più pericoloso.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.