Tramonta il voto cattolico: non influenza più le urne

Scomparsa la Dc, gli elettori credenti sono sparsi in tutti i partiti. E non spostano i flussi elettorali

Tramonta il voto cattolico: non influenza più le urne

N elle ultime settimane si è ritornato a parlare del ruolo dei cattolici in politica e, in particolare, dell'apporto che questi ultimi possono dare all'elettorato dei vari partiti. Lo spunto è derivato dalla notizia di una sorta di «apertura» che alcuni settori della Chiesa (rappresentati in particolare dal Direttore di Avvenire) hanno dato a certe posizioni assunte dal M5s. L'episodio è stato poi in qualche modo ridimensionato, ma fa seguito ad altri tentativi, operati da diverse forze politiche, di avvicinarsi al mondo cattolico e di sollecitarne, se possibile, i consensi.

Il che ripropone un quesito ricorrente a questo riguardo: quanto «contano» i voti dei cattolici? In che misura il fatto di essere cattolico incide sulla formazione della scelta di voto dell'elettore? Un tempo, si sa, l'identità cattolica rivestiva una importanza cruciale nella decisione di voto, tanto che il partito principale, la Dc, la poneva tra i suoi caratteri distintivi e fondanti. Quali sono oggi le scelte degli elettori cattolici, in assenza di un partito esplicitamente riferito a questi ultimi? E a che risultati portano le «aperture» come quella dei M5s?

Per rispondere a queste domande, occorre definire chi si intende per «cattolico». La via più semplice, anche se un po' approssimativa, è quella di misurare la numerosità dei cattolici rilevando l'intensità della frequenza alla messa dichiarata. Che coinvolge un numero relativamente largo di cittadini. Infatti, afferma di recarsi alle funzioni religiose almeno una volta alla settimana il 24% degli intervistati (in un sondaggio effettuato dall'Istituto Eumetra Monterosa su di un campione rappresentativo della popolazione al di sopra dei 17 anni di età): possiamo chiamare costoro «cattolici forti». Si tratta in misura relativamente maggiore di persone anziane (specie pensionati e casalinghe), di donne (che hanno la fortuna di vivere di più), connotate per il possesso di titolo di studio medio-bassi e, dal punto di vista della concentrazione territoriale, di residenti nel Nord-Est. A costoro va aggiunta probabilmente quella fetta rilevante di popolazione, il 36%, che pur non partecipando al rito religioso settimanale, dichiara di frequentare la chiesa comunque almeno una volta al mese. Si tratta di quanti possiamo sinteticamente definire «cattolici deboli». È in questa categoria che si trova una maggior presenza relativa di giovani, al di sotto dei 24 anni. Nell'insieme, dunque, si può stimare che approssimativamente il 60% degli italiani frequenti la messa o le altre funzioni almeno una volta al mese. Ma, contrariamente al passato, nessun partito può accreditarsi come il «possessore» della maggioranza di costoro. I cattolici praticanti si distribuiscono oggi infatti tra tutte le forze politiche. Con una lieve accentuazione relativa dei cattolici «forti» tra i votanti per la Lega e una analoga maggior presenza di quelli «deboli» nell'elettorato del M5s. Ma si tratta di variazioni di pochi punti percentuali.

Al di là del mero dato statistico, ciò mostra che, come si è detto, nessuna forza politica ha l'appannaggio dei voti cattolici. Il che suggerisce che l'identità cattolica stessa sembrerebbe avere una influenza assai debole nella formazione delle scelte di voto. Insomma, contrariamente ad un tempo, il fattore religioso non rappresenta più, nella maggior parte dei casi, l'elemento principale nel guidare la scelta elettorale. Oggi, per il singolo elettore, il sentirsi credente o devoto non comporta necessariamente l'optare per questo o per quel partito o l'interessarsi più o meno di politica. I cattolici dichiarano di occuparsi di politica in misura simile agli altri cittadini. E anche la distribuzione dei loro orientamenti tende a somigliare a quella espressa dal complesso degli italiani.

Dunque, «aperture» come quelle rilevate (forse) nei confronti dei Cinque Stelle hanno grande risalto nei media, ma non contribuiscono, almeno sino ad oggi, a mutare significativamente le preferenze di voto. In realtà, la Chiesa ha rinunciato da tempo ad orientare politicamente i singoli elettori cattolici.

Nella maggior parte dei casi, il suo messaggio non è indirizzato tanto a questi ultimi, quanto direttamente alle forze politiche non più e nemmeno principalmente solo a quelle evocanti esplicitamente l'identità cattolica affinché tengano conto dei contenuti e degli indirizzi della Chiesa nella formulazione dei loro programmi.

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