Nel giorno del suo compleanno Giorgia Meloni ha affrontato la sua prima trasferta da presidente dei Conservatori e riformisti europei, il gruppo parlamentare europeo di cui fa parte anche Fratelli d'Italia. L'appuntamento era a Barcellona. La Meloni, scortata dal capo delegazione di Fratelli d'Italia a Strasburgo Carlo Fidanza, ha accettato l'invito di Santiago Abascal, il giovane leader di Vox (il partito spagnolo di destra), a partecipare a una tavola rotonda sul tema «Il futuro del patriottismo in Europa e negli Stati Uniti».
E non è un caso che questo incontro parli anche del confronto tra modello americano ed europeo, visto che dopo la sconfitta di Trump alle presidenziali di novembre si era da più parti gridato al tramonto del sovranismo come modello vincente. «Tutt'altro!» sembrano dire i sondaggi che da oltre un anno danno il partito guidato dalla Meloni in costante crescita. Ed è, tra l'altro, con tutte le simulazioni che si possono fare sul futuro scenario di un parlamento ridotto di un terzo, l'unico partito che riuscirebbe a eleggere più parlamentari di quelli che ha attualmente.
Insomma il mondo conservatore è tutt'altro che in declino. E la stessa Meloni ha saputo tenere testa con intelligenza a chi la indicava come una fedele alleata del «pericoloso» presidente americano. Tanto che sull'ipotesi di impeachment ha avuto parole tutt'altro che scontate («La richiesta di impeachment fatta pochi giorni prima della fine del mandato di Trump non mi pare un modo per sedare gli animi. Si rischia di non aiutare, nel momento in cui il clima è incandescente»). Da sempre, poi, la leader di Fratelli d'Italia promuove l'idea di una Europa delle nazioni che veicoli soprattutto valori comuni d'identità e che non si trinceri dietro gli aridi numeri dei bilanci. Un'Europa delle patrie e non dei burocrati.
Un'autonomia di pensiero che le vale anche un netto distinguo con la figura di Trump laddove spiega le differenze tra il suo modello e quello americano. «Utilizzare quello che accade negli Stati Uniti per decretare la fine dei conservatori è sbagliato - ha detto qualche giorno fa al Tg2 -, io non ho mai legato il mio destino a quello che sta fuori dai confini. Sono una persona capace di tessere rapporti saldi con i conservatori del mondo, ma io sto qui per fare gli interessi nazionali e degli italiani. Io difendo gli interessi nazionali, e non faccio lo Stato vassallo».
Argomento che è ritornato più volte nel corso del dibattito, trasmesso in streaming e coordinato dall'europarlamentare di Vox, Jorge Buxadé. Il tema dominante però è stato il patriottismo come antidoto al globalismo e della crisi umanitaria innescata dall'onda migratoria.
Al dibattito hanno partecipato anche Grover Norquist, presidente di Americans for Tax Reform e membro del
Partito Repubblicano; Ted R. Bromund, membro della Heritage Foundation; Mattias Karlsson, esponente dei Democratici Svedesi e presidente del think tank Oikos, e José Antonio Kast, presidente del Partito repubblicano cileno. PFB
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