Tribunali e proteste, scuola nel caos

I Tar di Lombardia, Sicilia ed Emilia contro le Regioni. Da lunedì superiori al 50% o 75%

Tribunali e proteste, scuola nel caos

A due giorni dalla ripartenza delle lezioni in presenza, nelle poche Regioni che avevano già fissato il via il 18 gennaio, confermato anche dal nuovo Dpcm (fino ad un massimo del 75% di studenti in classe), il mondo della scuola è nel caos. Tra paure, incertezze, proteste degli studenti e sentenze dei giudici amministrativi che dicono la loro, costringendo i governatori a fare marcia indietro.

Come è accaduto in Emilia Romagna, dove il Tar - accogliendo il ricorso contro la dad presentato da una ventina di genitori - ha sospeso l'ordinanza regionale che aveva chiuso le superiori fino al 23 gennaio. E poiché il presidente della Regione, Emilio Bonaccini, è uno che le sentenze le rispetta, dal prossimo lunedì tutti sui banchi al 50%. «Siamo pronti a partire. Non ci sono problemi a farlo in così poco tempo, a dimostrazione che la nostra decisione era motivata dall'andamento epidemiologico e non da difficoltà organizzative», dice. Senza rinunciare a una nota polemica: «Le decisioni non può prenderle il Tar, ma il governo». Il governatore teme l'incertezza che pesa sulla scuola a causa delle sentenze e del susseguirsi di ordinanze regionali: «La preoccupazione, per chi come noi vuole vedere riaperte le scuole per sempre, è che le apriamo e poi possano essere costrette dai Dpcm a dover essere richiuse».

Anche perché i Tribunali amministrativi sono già intervenuti in altri due casi: in Sicilia, dove esprimendosi sul ricorso contro il decreto del governatore Nello Musumeci sulla chiusura delle scuole i giudici hanno ribadito che la dad è legittima purché sia a carattere temporaneo, e in Lombardia dove hanno accolto il ricorso del comitato «A scuola» sospendendo l'ordinanza regionale che prevedeva la dad al 100 per cento fino al 24 gennaio. Decisione ora superata dall'ingresso in zona rossa della Lombardia, che di fatto frena il ritorno a scuola dei licei. Avanti con la didattica a distanza, dunque, anche in Sicilia e nella provincia autonoma di Bolzano, che le classi le aveva riaperte ma che ora sarà costretta a richiuderle finché non sarà fuori dalla fascia rossa.

Oltre agli studenti dell'Emilia Romagna, lunedì tornano in presenza quelli di Piemonte, Molise e Lazio (dove ieri è girata una falsa ordinanza che posticipava il ritorno tra i banchi al 25). Dalla Toscana, dove le lezioni sono già ripartite l'11 gennaio, il presidente della Regione, Eugenio Giani, sollecita i colleghi a fare lo stesso: «Laddove si tratta di fare un passettino in più sul piano del coraggio, li invito a farlo, perché aprendo al 50% in presenza, potenziando i trasporti ed evitando assembramenti, la scuola sta dimostrando di non appesantire quello che è l'esponenziale aumento dei contagi». Ma molti governatori hanno preferito muoversi con prudenza e aspettare che si stabilizzasse la curva epidemiologica. In Liguria al via manca ancora una settimana, idem in Umbria, dove si torna in presenza il 25 gennaio.

Ma ci sono Regioni ancora più caute che hanno fatto slittare le lezioni in presenza a febbraio, come Marche, Calabria, Basilicata, Sardegna, Sicilia (che nel frattempo è diventata rossa), Friuli Venezia Giulia e Veneto. Il governatore del Veneto, Luca Zaia, non è neanche sicuro che quel giorno le scuole ripartiranno: «Le superiori potrebbero riprendere le lezioni in presenza il 1 febbraio solo se non ci sono rischi».

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