Truffa dei mini quadri di Leonardo: 2 arresti

Raggirata una donna: versò 125mila euro al finto avvocato e al complice

Truffa dei mini quadri di Leonardo: 2 arresti

Una truffa molto ben congegnata, che avrebbe fruttato centinaia di migliaia di euro e coinvolto circa 200 vittime. L'esca ideata dagli organizzatori era una combinazione, confusa ma attraente, di presunte opere d'arte rinascimentali e criptovalute. Dopo la denuncia di una delle persone raggirate e dopo l'indagine del Nucleo operativo metropolitano della Guardia di Finanza di Milano ieri sono state arrestate due persone.

Ai domiciliari disposti dal gip Guido Salvini sono finiti un finto consulente finanziario e un finto avvocato. Le indagini su questa «complessa e bizzarra truffa nel campo delle opere d'arte e delle criptovalute», come scrive il giudice, sono state coordinate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dal pm Carlo Scalas. L'inchiesta nasce dalla querela nell'agosto del 2020 di una donna che nel 2019 si era vista proporre l'investimento poi rivelatosi un inganno. La vittima ha versato agli indagati 125mila euro che dovevano servire ad acquistare 12 fantomatici «microquadri nascosti nei quadri di Leonardo da Vinci» e scovati da un «esperto». Oltre a 32 altrettanto inventate «frazioni digitali» di opere della pittrice Alina Ciuciu, «sponsorizzata» da Vittorio Sgarbi (l'artista e il critico sono estranei alle indagini).

Gli arrestati sono Francesco Colucci, 46 anni, e Davide Cuccato, 49. Alla donna sarebbe stato proposto, prima in un lussuoso immobile di oltre 300 metri quadri a Desenzano del Garda e poi in un ufficio centrale in via Visconti di Modrone, di aderire all'affare della XChampion, una inesistente holding con sede a Singapore. Sul tavolo un fondo di investimento che doveva diffondere una «International Web Gallery», una sorta di rappresentazione digitalizzata delle più importanti opere d'arte. Ogni capolavoro, spiegava una complice degli arrestati, «sarebbe stata frazionata in singole porzioni di cui chi avesse aderito al fondo sarebbe divenuto proprietario e il titolo di proprietà sarebbe stato costituito per ciascuna frazione da un token, una sorta di gettone digitale il cui valore» si sarebbe decuplicato in pochi anni. La vittima aveva accettato e provato anche a coinvolgere un'amica (che non è però caduta nella rete). Per partecipare aveva persino venduto l'appartamento in cui abitava.

Nell'inchiesta sono indagate altre tre persone. Tutti i clienti, circa 200, sarebbero stati raggirati e coinvolti in una sorta di «catena di Sant'Antonio», i soldi intascati dai presunti truffatori sarebbero finiti su conti svizzeri.

Gli arrestati sono anche accusati di esercizio abusivo della professione e Colucci anche di «possesso di segni contraffatti» (possedeva finti distintivi della polizia), introduzione e ricettazione in Italia di orologi di lusso contraffatti e ricettazione di beni di interesse archeologico. In ufficio aveva un'anfora e una coppa, risultati essere del IV secolo A.C., senza documenti di proprietà.

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