Ben consapevole del potere di una dichiarazione sugli animali a un mese dalle elezioni, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha parlato a un bacino di utenza ben preciso: gli allevatori che vedono i propri capi di bestiame assaliti dai lupi. Problema che in Italia riguarda vari territori, dal Trentino alla Calabria passando per l'Appennino.
«Lo status di protezione del lupo verrà abbassato - ha dichiarato la presidente europea - Non sono gli esseri umani il problema per i lupi, bensì il lupo è il problema per gli esseri umani». L'annuncio è arrivato in un videomessaggio trasmesso durante il congresso della Suedtiroler Volkspartei (Svp) a Merano, il partito popolare del Sudtirolo.
Il tema è molto sentito in Alto Adige dove il presidente della Regione autonoma Trentino-Alto Adige, Arno Kompatscher, ha autorizzato i primi abbattimenti di lupi.
Parlando della tutela ambientale, von der Leyen ha detto: «Vanno trovate soluzioni senza ideologie, ma seguendo il realismo e il dialogo con l'economia. Non esiste una tutela del clima senza un'economia in grado di resistere alla concorrenza, perchè le piccole e medie imprese sono la spina dorsale della nostra economia». Il problema è reale:
I lupi (3.300 quelli presenti in Italia in base a dati del 2022) stanno modificando la fisionomia degli allevamenti ovini, con la rarefazione del pascolo brado e l'allevamento degli animali all'interno di stalle protette, due cambiamenti che hanno conseguenze sia sulla qualità del latte che sul benessere degli animali. I piccoli allevatori sono quelli che soffrono di più. La Direttiva comunitaria Habitat del 1992 (recepita dall'Italia nel 1997) proibisce la cattura, l'uccisione, il disturbo, la detenzione, il trasporto, lo scambio e la commercializzazione del lupo, che rischiava l'estinzione nel Vecchio Continente.
Tuttavia sono ammesse eccezioni e la stessa presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha recentemente invitato le autorità nazionali a valutare abbattimenti mirati, ove necessario. In Francia, dove sono presenti circa 900 lupi, lo scorso anno ne sono stati abbattuti quasi 200. In Svizzera lo scorso inverno ne sono stati uccisi una quarantina ma restano una minaccia per l'economia alpestre: nel 2023 si contavano 71 lupi e 13 branchi nel Canton Vallese, dove vengono allevate le pecore di razza bianca alpina, e si sono registrate 401 predazioni.
«La convivenza non si ottiene con l'approccio paternalistico e vagamente colonialista come è accaduto fino a oggi» in Italia, sostiene Spartaco Gippoliti, conservazionista dell'associazione Italiana Wilderness - bisogna instaurare un dialogo paritetico con allevatori e agricoltori. Sono infatti le comunità rurali le sole che oggi pagano il costo reale e salato della presenza del lupo in Italia. Un dialogo di cui si avvantaggerebbe la società intera. Non sfugge a nessuno, infatti, che è dalla tutela dell'economia rurale che discendono molte delle eccellenze agroalimentari italiane».
Secondo l'associazione, la specie deve restare protetta, ma si deve intervenire «con maggiore facilità sugli individui pericolosi, confidenti o problematici ogni qualvolta si renda necessario».
Si stima che 950 esemplari si muovano nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola, anche in regioni come la Toscana dove la settimana scorsa si è svolto il convegno «Emergenza lupo, le verità da sapere» a Laterina, in provincia di Arezzo. Allevatori, esperti e amministratori si sono confrontati sulle conseguenze della mancata gestione del lupo in Italia e sulla necessità di un equilibrio accettabile tra esigenze delle comunità rurali e tutela della fauna.
Malgrado i 500mila euro che la regione Toscana spende annualmente per indennizzare le
perdite, infatti, pastori e allevatori hanno messo in rilievo che i danni economici, come quelli legati allo stress post-predatorio nelle pecore sopravvissute, sono sempre maggiori di quelli indennizzati. E loro sono in perdita.
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