Ha prevalso la sottile arte del compromesso, ma solo per un giorno. La Commissione europea, come previsto, nel rapporto sul debito pubblico dell'Italia ha salomonicamente stabilito che «se il governo italiano adotterà le misure strutturali aggiuntive pari almeno allo 0,2% del Pil entro aprile, non aprirà la procedura per deficit eccessivo». La correzione dei conti dovrà essere effettuata in modo tale che gli effetti siano misurabili all'interno delle previsioni economiche di primavera, che saranno diffuse verso fine maggio. Se per quella data Padoan avrà raggranellato i 3,4 miliardi necessari a rimettere il deficit su un binario appena accettabile, lo scontro con i falchi di Eurolandia sarà rinviato. Altrimenti si rischia l'apertura di una procedura «tripla»: per debito eccessivo sui conti del 2016 e del 2017 e per squilibri macroeconomici eccessivi. Effetti tangibili delle manovre di Renzi. Gentiloni ha gettato acqua sul fuoco. «Faremo la correzione senza manovrine depressive e la faremo nel quadro del Def», ha detto lasciando aperta la porta addirittura al bypass della correzione stessa.
Va dato atto a Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione Ue e fiero oppositore dell'«austerità cieca» di esser riuscito a evitare che scattasse l'automatismo della procedura di infrazione, una richiesta abbastanza esplicita da parte di Germania e soci. Le parole utilizzate nel report, però, sono dure. Da quattro anni il rapporto debito/Pil dell'Italia supera il 130%, oltre il doppio rispetto al 60% fissato dal Patto di Stabilità. Motivo per il quale se la correzione dello 0,2% non sarà attuata «in modo credibile, si considererà non soddisfatto il criterio del debito».
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha cercato di tranquillizzare l'opinione pubblica e, soprattutto, la politica ricordando che la correzione sarebbe tripla se Bruxelles non avesse riconosciuto uno 0,4% di deficit in più per le emergenze del terremoto e dei migranti. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha sottolineato che «serve fare altro» puntando il dito soprattutto sulla gestione della mina sofferenze nelle banche (il decreto salva-risparmio ha comportato 20 miliardi di deficit in più), mentre il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, ha voluto puntualizzare che «l'Europa non chiama le tempeste, ma cerca di portare le navi in un porto sicuro».
Padoan può considerarsi fortunato. Il clima pre-elettorale in Francia e Germania e, soprattutto, l'instabilità dell'esecutivo Gentiloni sono fattori che hanno controbilanciato le spinte opposte (tanto più che pure a Berlino è stato contestato l'eccessivo surplus). Nel report sull'Italia, tuttavia, si analizzano due ipotesi non troppo remote. In caso di intemperie dei mercati, un aumento di 200 punti base dello spread italiano trascinerebbe al ribasso di circa l'1% non solo il Pil italiano, ma anche di mezzo punto quello degli altri Paesi Ue. Analogamente, un rialzo dei tassi di interesse potrebbe ricreare una situazione simile a quella del 2011-12. In entrambi i casi, la necessaria austerity peggiorerebbe il quadro.
Padoan, perciò, non solo deve impegnarsi alla manovra correttiva, ma anche a presentare assieme al Def un
programma di riforme ambizioso, privatizzazioni incluse. Altrimenti la Germania e i suoi sodali avranno buon gioco nel chiedere che la valutazione dei bilanci Ue sia affidata a un'authority che ci invierebbe subito la Troika.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.