Un'oasi di pace nel mare di schiamazzi della rete

Un'oasi di pace nel mare di schiamazzi della rete

Accerchiati da Internet e dai social, WhatsApp, Twitter, Instagram, Tik Tok, facebook e Youtube, improvvisamente appare una lettera, scritta, anche a penna, e allora credi che il piccolo mondo antico, non quello di Fogazzaro, esista e resista al logorio dei dispositivi moderni. Ecco allora le lettere che i fedeli lettori scrivono e spediscono o inviano al Giornale, testimonianza di affetto e, insieme, di condivisione di temi e dibattiti che in queste pagine vengono affrontati e sviluppati.

Prendere il posto che in passato è stato occupato da firme illustrissime, da Mario Cervi a Gian Galeazzo Biazzi Vergani a Livio Caputo, è un onore e, insieme, un impegno di orgoglio e di grande emozione, perché il rapporto con i lettori è un privilegio di cui spesso non si ha piena consapevolezza in un lavoro autoreferenziato e che ci porta a guardarci allo specchio invece di muovere oltre gli occhi. Così si scoprono forme e formule che ritenevo scomparse, «Illustrissimo», «Illustre», «Esimio», titoli di cortesia di un linguaggio ufficiale e cerimonioso che sono la premessa a domande e riflessioni, per la massima parte, pacate, lucide, propositive. Ci sono i fedelissimi capaci di spedire tre lettere al giorno su argomenti diversi, l'orario in cui inviano i loro scritti è indicativo della passione o dell'affetto maniacale, ore notturne o all'alba: un mondo da scoprire e da esplorare, con alcuni eccessi, per le idee politiche e per quelle religiose, comunque in linea con lo spirito del nostro Giornale.

Quarantasette anni di storia si possono così ritrovare identici nelle lettere che pubblichiamo quotidianamente, per alcuni è un segnale grigio di una generazione che non cambia, ma è anche vero che i lettori dei vari giornali hanno un'età non certamente giovane, perché i «diversamente anziani» utilizzano altre forme di comunicazione, appunto i social e le radio private.

Ricevo anche rimproveri per risposte attese e non fornite, ritrovo affezionati a un lessico politico che credevo scomparso, resto sorpreso dal fatto che, insieme con Ariel Feltri che fa da raccoglitore e paziente filtro delle missive, esista ancora una popolazione che desideri mettersi in contatto con noi, non per un selfie o un autografo ma per raccontare storie e scrivere denunce, sentendosi parte del Giornale, felici di poter leggere il proprio nome e cognome e i propri pensieri, riportati su carta, segno di una vitalità e fedeltà per l'unico approdo sicuro e quieto, in un oceano di voci, strilli, schiamazzi e insulti.

Non

conosco personalmente nessuno dei lettori che si sono rivolti a me e al nostro direttore, ma li vivo come vicini di banco, immaginandone la voce, anche il profilo e la postura. Fantasie di un mestiere che vive di parole.

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