Qualcuno dovrà pur dirlo. Che per quanto siamo contenti del via libera dell’Ema e dell’Aifa al vaccino di Astrazeneca, e si spera presto a quello di Johnson&Johnson, l’Italia si ritroverà in pancia milioni di fiale dei sieri più sfigati di tutti. Non che non sia una conquista incredibile: essere riusciti a creare antidoti in così poco tempo è un risultato davvero straordinario. Ma rispetto agli altri vaccini, questi due sono i meno performanti: Atrazeneca ha una efficacia del 59,9%, J&J pare del 65%, contro il 95% di Pfizer e il 94,1% di Moderna. Può succedere: non tutti i vaccini sono uguali. Il problema è J&J e Astrazeneca (che è pure consigliato solo sotto i 65 anni) sono quelli che il governo italiano ha acquistato in maggior quantità.
Lo spiegava chiaramente il primo piano vaccinale stilato da Domenico Arcuri. La stima delle quantità disponibili nel 2021, in base agli accordi preliminari stipulati dall’Ue, diceva che la stampella più solida su cui il Belpaese pensava di appoggiarsi era proprio Astrazeneca. Soprattutto nel primo trimestre, quando avremmo dovuto ricevere 16,1 milioni di dosi del vaccino di Oxford contro le 8,7 milioni di Pfizer le sole 1,3 milioni di Moderna. Oggi per fortuna il piano è già cambiato, visto che l’Unione Europea si è messa sul mercato. Ma lo squilibrio comunque rimane. Alla fine il Belpaese si troverà a dover impostare la campagna vaccinale con 40,16 milioni di vaccini Astrazeneca e altre 53,84 milioni di dosi J&J (a bassa efficacia). Mentre potrà contare solo su 40,5 milioni di Pfizer e appena 21,2 milioni di Moderna (con performance migliori). È solo sfiga, o abbiamo puntato sul vaccino sbagliato?
Di sicuro sappiamo, perché lo ha scritto Speranza nel suo libro, che Astrazeneca l'anno scorso aveva catturato l’attenzione di molti. Quando Italia, Germania, Olanda e Francia crearono l’Alleanza per il vaccino, primo tassello della collaborazione europea in materia, i ministri valutarono che il vaccino di Oxford fosse "il più avanzato" perché stava "ottenendo i migliori risultati”. Speranza si disse “particolarmente contento” perché “in questa sperimentazione c’è un bel pezzo d’Italia: l’Università di Oxford lavora infatti con l’Irbm di Pomezia, dove viene prodotto il vettore virale”. E poi l’infialamento verrà “fatto ad Anagni, alla Catalent”. Ottimo orgoglio italiano.
Solo che alla fine, sfiga, errori o
regole europee che sia, l’Italia si ritroverà con tante dosi dei vaccini meno efficaci e poche dosi di quelli migliori. Fatto che ci costringerà a rivedere l’intero piano vaccinale. È brutto, ma va detto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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