La legge di bilancio è una finzione. Appare e scompare, come un gioco di prestigio, per dare a partiti e gruppi di interesse una parvenza di soddisfazione. È stata approvata il 28 ottobre, con otto giorni di ritardo rispetto alla scadenza prevista, e poi revisionata da Daniele Franco, ministro dell'Economia e uomo di fiducia di Draghi. Non è ancora arrivata in Parlamento e si continua a parlare di modifiche, variazioni, ripensamenti. Le voci sono pubbliche e insistenti, tanto che da Palazzo Chigi arriva una nota per chiarire come stanno le cose. «Non è necessario alcun nuovo passaggio o esame in consiglio dei ministri». Come dire: smettetela di agitarvi. Draghi ieri mattina ha messo su una cabina di regia con Patuanelli, Brunetta e Orlando. Il capo del governo è costretto a dissimulare più del dovuto e d'altra parte non può lasciare troppo spazio ai partiti della maggioranza che alla prima occasione sono pronti a lanciarsi verso la diligenza. Draghi deve proteggere il carico e prevenire gli attacchi. Questo caos alimenta comunque i sospetti dell'Europa: fino a che punto ci si può fidare dell'Italia? La faccia di Draghi è servita come garanzia, ma non ha cancellato del tutto lo scetticismo. Bruxelles fatica a decifrare le dinamiche politiche italiane, nel migliore dei casi non le capisce, nel peggiore si perde nel torbido. Ieri è arrivata anche la sentenza del Consiglio di Stato sulle concessioni demaniali marittime che chiama in causa il diritto comunitario e da una scossa sulla concorrenza. La corsa al Quirinale intanto aumenta le perplessità. È la variabile che ha reso meno decisa l'azione di Draghi. Dicono che perfino Washington segua con attenzione la partita del Colle. Quando la manovra economica arriverà in Parlamento si riapriranno i giochi Ci sarà la rissa al «metti questo» o «togli quest'altro». I riflettori principali sono puntati sul reddito di cittadinanza. È una misura dimezzata, necessaria per contenere la povertà, ma inutile per chi spera di trovare un lavoro. Non funziona. Il guaio è che anche come ammortizzatore sociale è da rivedere. I criteri, e i pochi controlli, lasciano praterie ai furbi. È la cronaca di questi giorni. Il governo non farà rivoluzioni. Chiara Saraceno, presidente del comitato scientifico per la valutazione del reddito di cittadinanza, fa sapere che non ci saranno grandi modifiche. «Solo un po' più di rigidità sui controlli e sulle condizioni di accesso». C'è l'idea di tagliare l'assegno a chi rifiuta una proposta di lavoro considerata congrua. La conferma arriva anche da Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole. I 5 Stelle hanno capito che qualcosa su questo fronte devono concedere, l'importante è che non venga ammainata la loro bandiera. Senza il reddito i grillini sarebbero definitivamente nudi. Il taglio invece non li preoccupa, tanto offerte di lavoro non ci sono e nessuno avrà il peso di doverle rifiutare. Il movimento di Conte torna nel frattempo a battersi per il «Superbonus». «Serve una modifica per prorogare il 110% anche per le villette unifamiliari». In serata, l'indiscrezione, che per i 5s sarebbe una vittoria: oggi dovrebbe esserci una cabina di regia su un decreto legge con le norme anti truffa sul Superbonus al 110%. Subito dopo, un consiglio dei ministri per approvarla.
Cambia invece «opzione donna»: salta infatti la soglia anagrafica di 60 anni per le uscite delle lavoratrici, viene riportata a 58 per le dipendenti e a 59 per le autonome. Il dibattito sulla manovra vede in campo anche Matteo Salvini, su flat tax e reddito. Non sarà facile per Draghi ammortizzare le richieste di tutti. La realtà è che senza di lui la maggioranza è un caravanserraglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.