Vecchi sì, sconfitti mai: ecco la "Rivoluzione grigia"

Il giornalista si autoinvia nel pianeta della terza età per raccontare una generazione folle e ancora ribelle

Vecchi sì, sconfitti mai: ecco la "Rivoluzione grigia"

Il maggio 2016, nella cronaca romana del «Messaggero», è apparso un articolo che raccontava una vicenda ormai diventata all'ordine del giorno in questi tempi. Un signore si era invaghito di una signora e lei aveva corrisposto al corteggiamento. Tra i due era nata una relazione che dopo un paio di anni si era conclusa per volontà della donna, stanca di quell'uomo che non le piaceva più. Lui non aveva accettato la rottura e si era messo a molestare l'ex amante. Se dobbiamo credere alle notizie stampate dal quotidiano romano, si trattava di uno stalking asfissiante. Telefonate anonime a raffica, sempre più aggressive. Insulti in strada, dinanzi ai passanti. Pedinamenti ossessivi. Danni all'automobile. Inseguimenti persino durante le vacanze e nelle sale da ballo. Morale della favola: la signora aveva sporto denuncia. E l'uomo era stato rinviato a giudizio dinanzi al tribunale di Roma.

Tutto sommato, si tratta di una storia banale dal momento che oggi i casi di stalking sono sempre più frequenti e spesso hanno un finale tragico. Perché «Il Messaggero» gli ha dedicato un servizio ampio e un titolo vistoso? Il motivo è uno solo: l'età dei protagonisti. Il molestatore finito sotto processo ha ottantuno anni. La signora molestata ne ha compiuti settanta. Tutti e due vedovi, si erano conosciuti in un locale della capitale.

«Siamo stati insieme per due anni e mezzo» ha raccontato la signora a una cronista del quotidiano romano. «Ma lui voleva un rapporto esclusivo con me. Pretendeva che non frequentassi più le mie amiche e allora l'ho lasciato. Da quel momento non ho avuto più pace».

Quali considerazioni possiamo trarre da questa storia? La prima è che di solito gli episodi di molestia sessuale hanno per protagonisti un lui e una lei ancora giovani o vicini all'età di mezzo. E non un ottantenne e una settantenne. Mi sbaglio? Penso di no. Sto per compiere ottantuno anni e dal 1961 lavoro nei giornali. All'inizio della professione mi sono occupato anche di cronaca nera, poi sono stato il vicedirettore di un grande quotidiano molto attento ai fatti della vita. Però non mi è mai capitato di imbattermi in vicende di amore esclusivo e violento tra due anziani, qualcuno direbbe tra vecchi. Allora perché oggi accade?

La mia risposta alla buona è che la vecchiaia è diventata un'età elastica e ha sempre meno a che fare con l'anagrafe o la carta d'identità. Immagino che non siano pochi gli ottantenni ancora in preda a pulsioni giovanili. Farebbero l'impossibile per entrare nelle grazie, e nel letto, di una trentenne pronta a concedersi. E vedo per strada signore settantenni che non sembrano affatto arrivate a una stagione che esclude amori tempestosi. Sono donne ancora attraenti, vestite e truccate da quarantenni. Non hanno il corpo consunto delle nostre nonne. Rimaste vedove, come nella vicenda che ho ricordato, non si chiudono in casa e non si limitano a occuparsi dei nipoti. Un'azienda che produce intimo per signora ha rivelato a una rivista che molte delle sue clienti hanno superato da tempo la barriera dei sessant'anni. Indossano reggiseni, slip, reggicalze e guépière che lasciano presumere il desiderio di vivere momenti di erotismo spinto. Una ricerca del Dipartimento di Geriatria dell'Università di Padova, citata da Sara Ricotta Voza sulla «Stampa» del 6 maggio 2016, sostiene che le vedove risultano più in forma delle mogli con un marito ancora in vita. Si sono liberate del peso di accudire un uomo quasi sempre più anziano di loro. Hanno molta cura del proprio aspetto. Spesso vivono una nuova storia d'amore meno impegnativa di un matrimonio. Riscoprono l'amicizia con un'altra donna.

Insomma, si rendono conto di esse-re più libere di un tempo. E immagino anche più felici. È facile prevedere che in futuro il numero delle vedove aumenterà. In Italia la vita media delle donne è di ottantacinque anni, superiore di cinque a quella degli uomini. Se questa è la situazione, diventa inevitabile proporci una domanda. La nostra società è pronta ad accettare che schiere sempre più numerose di anziani, e di anziane, si comportino come se fossero ancora lontani dalla terza o dalla quarta età? E che nella vita di tutti i giorni, nei rapporti sentimentali o anche soltanto nelle relazioni occasionali, cerchino di apparire più giovani?

Da ottantenne, mi piacerebbe rispondere di sì: siamo disposti ad assorbire questa rivoluzione silenziosa, destinata a diffondersi con il mutare degli stili di vita. Temo invece che non sia affatto così. Esistono ancora dei tabù che vanno affrontati. Non sono pochi e per niente facili da superare. È necessario un esempio? Immaginate un signore anziano che si accompagni a una donna molto giovane. E frequenti con lei un ristorante, un night club, uno spettacolo teatrale, uno stabilimento balneare. Saranno in molti a domandarsi che cosa accada quando si chiudono alle spalle la porta della camera da letto. Quasi nessuno avrà come primo pensiero che il maschio di pelo bianco oggi può ricorrere a un farmaco miracoloso come il viagra. Un privilegio fino a ora riservato agli uomini, anche se la scienza ha scoperto un rimedio analogo per le donne. Comunque un minimo di riprovazione sociale scatterà sempre. E ancora peggio accadrà se la coppia è formata da una signora anziana e un fidanzato o un compagno ben più giovane di lei.

In questo secondo caso, il biasimo sarà più aspro. Dal momento che la morale corrente, se accetta che una ragazza si abbandoni a un amante con i capelli bianchi, è così ipocrita da non concedere lo stesso diritto a una donna in età avanzata. Una tardona o una carampana, per usare due parole volgari che sarebbe bene evitare, deve rimanere al proprio posto. E rinunciare al piacere che può darle una relazione con un maschio che potrebbe essere suo figlio. Ma questa è una descrizione superficiale di una realtà complicata. Chi ha dimestichezza con il web conosce i siti che favoriscono gli incontri fra partner di età mol-to diverse. Compresi signori c signore ben al di là dei sessanta, e a volte dei settanta, che si accoppiano con ragazze e ragazzi molto più giovani di loro. Sono la versione digitale di una faccenda vecchia quanto il mondo. Come racconta un libro dell'archeologa Marisa Ranieri Panetta, pubblicato da Salani nell'aprile 2016, Valeria Messalina aveva appena ventitrè anni il giorno che venne pugnalata a morte dai sicari imperiali. Sedicenne era andata in sposa all'imperatore Claudio, che in quel momento aveva quarantanove anni, un'età già anziana per l'epoca. Era la donna più invidiata di Roma. Famosa per le trasgressioni che, nei secoli, le avrebbero garantito una pessima fama. Quella di essere più lasciva di Cleopatra, più discuta di Poppea, più intrigante di Agrippina.

Anche l'Italia di oggi non può ignorare la preserva determinante dei vecchi ancora attivi. Possono essere molto diversi tra loro, per indole, educazione, cultura, censo, religione. Ma tutti condividono un solo imperativo: non arrendersi mai all'avanzare dell'età. Rifiutano persino di essere definiti anziani. Si considerano «diversamente giovani», come ha detto a un cronista di «Repubblica» una signora intervistata nella sala da ballo di un circolo per pensionati.

La nostra classe dirigente è ancora dominata da sessantenni e da settantenni, per non parlare di signori e signore

più in lì negli anni. Nonostante le chiacchiere sulla rottamazione, la politica decisiva resta sempre nelle mani di personaggi che hanno lasciato alle spalle la giovinezza. E non mostrano nessuna intenzione di ritirarsi.

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