L'ormai famoso palazzo di Londra, al centro del più grosso scandalo finanziario d'Oltretevere, non è più di proprietà Vaticano. L'ultima tappa della vicenda che ha mandato in frantumi diversi equilibri dentro le stanze della Santa Sede, con un processo infinito ancora in corso e un gruppo di faccendieri pronti a dilapidare le casse di San Pietro, si chiude per volontà di Papa Francesco. E così l'APSA, l'Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, la Banca Centrale del Vaticano, qualche giorno fa ha concluso la vendita del palazzo di lusso al numero 60 di Sloane Avenue a Londra a una società d'investimento americana, la Bain Capital, con sede a Boston, incassando complessivamente 186 milioni di sterline. Una perdita per il Vaticano sulla carta di circa 115 milioni di sterline (circa 140 milioni di euro) rispetto a quanto speso complessivamente nell'operazione londinese del 2013. Con un comunicato la Santa Sede ha voluto precisare, infatti, che «le perdite riscontrate rispetto a quanto speso per l'acquisto dell'immobile sono state conferite alla riserva della Segreteria di Stato, senza che in nessun modo in questa circostanza sia stato toccato l'Obolo di San Pietro, e con esso le donazioni dei fedeli».
«Finalmente un cerchio che si chiude» commenta a caldo a Il Giornale monsignor Nunzio Galantino, Presidente dell'APSA, «il Papa ci aveva dato indicazioni chiare, ci aveva chiesto di vendere il palazzo di Sloane Avenue. E così abbiamo fatto. Grazie alla consulenza di diversi esperti finanziari e con la regia della Segreteria dell'Economia, siamo riusciti a concludere la vendita: dobbiamo davvero rendere grazie a Dio. E questi soldi tornano a disposizione dell'Obolo di San Pietro, per la carità del Santo Padre. I periti sono comunque al lavoro per quantificare i costi effettivi sostenuti a suo tempo per l'acquisto dell'immobile e stabilire se c'è stata o no una grossa perdita». In effetti la spesa complessiva di 300 milioni di sterline sostenuta dalla Segreteria di Stato riguardava non soltanto il costo dell'immobile in sè ma anche le spese per l'entrata nel fondo Athena Global Opportunities di Raffaele Mincione che aveva acquisito lo stabile, il conguaglio versato al finanziere per sciogliere l'investimento, i costi per il passaggio alla società di Gianluigi Torzi, a cui era stato chiesto successivamente di gestire l'immobile, e le somme che la Santa Sede, alla fine della vicenda, aveva versato al broker. Un'estorsione, questa, a dire degli investigatori vaticani.
Una vicenda sfociata, dunque, in un processo che vede ancora imputate dieci persone, tra cui anche il cardinale Angelo Becciu, all'epoca dell'acquisto del palazzo Sostituto per gli Affari Generali della Segreteria di Stato e defenestrato dal Papa nel settembre del 2020. Becciu, interrogato dal promotore di giustizia, ha respinto ogni accusa a suo carico. Dopo la pausa estiva, il tribunale inizierà ad ascoltare i testimoni: sono circa duecento quelli previsti.
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