Il Veneto rischia di colorarsi di arancione. Insomma niente. È lì che ciondola questo Veneto, bordeggia, coinvolto fin dal primo giorno nella lotta al Covid. Fin da quando, quel 21 febbraio scorso, ci fu il primo morto in Italia. A Vo' Euganeo. Una regione che sforna 50 mila tamponi al giorno, tra molecolari e rapidi, il cui tasso come tiene a ribadire Luca Zaia deve essere calcolato sul totale dei tamponi effettuati e non solo su quelli molecolari. Il rischio adesso, è che se il Veneto finora ha tenuto, nella partita con il governo sospesa il 23 dicembre, da giallo possa passare arancione. L'Istituto superiore di Sanità ha evidenziato come nove regioni siano a rischio moderato o alto. Tra queste spicca il Veneto, con i suoi attualmente 90.365 positivi e 149.426 guariti, oltre a Liguria, Marche, Puglia, Umbria, Emilia Romagna, Molise, Provincia autonoma di Trento e Valle D'Aosta. Motivo? L'Rt è troppo alto. Il Veneto con l'ultimo 1,11 rischia veramente un altro colore e quindi il declassamento. Ieri il presidente non c'era alla solita conferenza stampa, a causa del terremoto. Ma ha lasciato la parola al direttore generale della sanità veneta, Luciano Flor. «Stiamo sprecando tamponi molecolari - ha detto - la percentuale è alta è vero, perché facciamo i test di conferma dei tamponi rapidi che abbiamo tutti i giorni. Ma i positivi dal molecolare sono poche centinaia. La stragrande maggioranza deriva dalla conferma dei rapidi. Vogliamo avere pochi positivi? Allora non facciamo i rapidi. Ventimila tamponi al giorno molecolari con 5 milioni di abitanti non li fa quasi nessuno».
Ieri i ricoveri ammontavano a 3395 (+ 1) di cui 2998 (-9) in area non critica e 366 in terapia intensiva (397 - 31 negativizzati). I morti, non tutti nello stesso giorno, 191. Per un Veneto che oltrepassa i seimila: 6298. I positivi più 2655. «Un numero abbastanza fermo - specifica Flor - Noi siamo pronti dall'oggi al domani per aumentare i posti letto, sia in rianimazione, che in area non critica. Il picco di un giorno non dice niente». Perché nella lotta per la tintura delle regioni secondo Flor il dato più rilevante è il numero dei malati. Ad oggi il Veneto ha mille posti di terapia intensiva, di cui 700 sono occupati. «Di questi mille - ha specificato - ci sono mille monitor, mille respiratori, mille ventilatori, oltre mille siringhe». Manca il personale che, se fosse, dovrà essere reclutato da altri reparti. Uno sforzo immane dato che cure e visite ordinarie in molti reparti sono garantite. Basta andare a farsi un giro al policlinico universitario di Padova per capire. «Se dovessimo arrivare a 1000 posti letto in terapia intensiva allora l'assistenza ospedaliera sarà ridotta al collasso» ha detto. «Se dovessero declassarci ad arancioni accetteremo come abbiamo sempre accettato. I dati li diamo al ministero quotidianamente».
Intanto il bollettino di ieri 29 dicembre, a meno di due giorni dalla fine di questo infernale 2020, non concede sconti. Solo un piccolo botto di fine anno. Più contagi, i nuovi casi sono 11.212 (+0,5) ma con più tamponi (128.740), per un tasso di positività che scende all'8,7%. Cioè su 100 tamponi fatti più di 8 sono positivi. L'altro ieri il tasso era del 12,5%.
Il Veneto è la regione più colpita, seguita dal Lazio (+1.218). I deceduti 659 per un totale di 73.029 da febbraio. In terapia intensiva ci sono 2549 persone, più 256. Ricoverati con sintomi: 23.662. I positivi ora sono 568.728. I dimessi o guariti: 1.425.730.
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