Verdetto Ocse: Italia spremuta dal fisco. Ma la Ue già avverte: "Attenti al debito"

Nel 2020 aumenta l'incidenza delle tasse sul Pil che va al 42,9%. Bruxelles avvisa Roma: "Politiche prudenti sui conti pubblici"

Verdetto Ocse: Italia spremuta dal fisco. Ma la Ue già avverte: "Attenti al debito"

Italiani spremuti dalle tasse. Ora lo certifica anche l'Ocse. Il nostro Paese nel 2020 ha visto un aumento dell'incidenza della tassazione sul Pil, passata al 42,9%, dal 42,4% del 2019, che la fa suo malgrado avanzare anche nella graduatoria internazionale dal sesto al quarto posto tra i Paesi industrializzati dietro Danimarca (46,5%), Francia (45,4%) e a un'incollatura dal Belgio (43,1%). La media dei Paesi Ocse, rivela il rapporto Revenue statistics 2021, è del 33,5% (+0,1 punti sul 2019) e ha quindi registrato un incremento maggiore della media, da cui si è allontanata ancor più (da 9 a 9,4 punti percentuali). Ovviamente, l'impatto del Covid sul Pil (-8,9%) ha determinato una distorsione, ma l'Italia si trova nella poco invidiabile condizione di aver visto aumentare l'incidenza sul prodotto interno lordo sia delle imposte sui redditi che della fiscalità societaria.

Il trend è, purtroppo, destinato a proseguire. Ieri il ministero dell'Economia ha comunicato che nel periodo gennaio-ottobre 2021 le entrate tributarie sono ammontate a 377,8 miliardi di euro, segnando un incremento di 40,4 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2020 (+12,0%). Anche in questo caso lo stop ai versamenti imposto dalla pandemia l'anno scorso ha determinato questa eccezionale discrepanza. Occorre, allo stesso tempo, notare come le entrate fiscali abbiano registrato l'anno scorso una flessione inferiore a quella del Pil (-5,3%), mentre quest'anno stiano aumentando a un tasso doppio rispetto a quello atteso per il prodotto interno lordo.

Ne consegue che il tema della riforma fiscale al centro del dibattito parlamentare sulla legge di Bilancio assuma un'importanza strategica. Oggi dovrebbe essere presentato in commissione Bilancio al Senato l'emendamento del governo che definisce il taglio di Irpef e Irap. Il testo dovrebbe tradurre operativamente l'intesa politica sulla rimodulazione dell'Irpef da 7 miliardi e sugli sgravi Irap da un miliardo. Il voto sulle proposte di modifica dovrebbe iniziare martedì 14 dicembre. I gruppi parlamentari stanno ancora definendo la lista dei 600 emendamenti «segnalati». In base alle proposte presentate ai sindacati il taglio del cuneo fiscale fino a 35mila euro di reddito dovrebbe determinare per i lavoratori dipendenti uno sconto compreso tra un minimo annuo di 250 euro e un massimo di 844 euro nella fascia 40-45mila euro.

Ma ieri da Bruxelles è arrivato anche l'ennesimo monito a tenere alta la guardia sui conti pubblici. L'Eurogruppo ha «invitato i Paesi membri ad elevato indebitamento ad adottare le misure necessarie all'interno del processo nazionale di bilancio», cioè a tenere sotto controllo le spese correnti.

«Il bilancio 2022 prevede una riduzione delle imposte sul reddito e un aumento della spesa sociale complessiva, è una cosa buona ma il problema è stabilire se sia sostenibile nel medio termine», ha commentato il direttore generale dell'Fmi, Kristalina Georgieva, che ieri ha partecipato all'Eurogruppo, congratulandosi con l'Italia «per avere raggiunto quest'anno un tasso di crescita più alto della media». Insomma, il governo Draghi è già sotto osservazione sebbene manchi più di un anno al ritorno in vigore del Patto di Stabilità.

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