Il vero metodo Draghi: abolire quel buco nero

Non si tratta di negare la necessità di sostegni e ammortizzatori, ma di demolire un costosissimo totem clientelare eretto dai 5 Stelle

Il vero metodo Draghi: abolire quel buco nero

Se una misura non funziona nell'84,81% dei casi (i percettori di reddito di cittadinanza che non hanno trovato lavoro), è inefficiente e va modificata. Ma se quella misura diventa anche il pozzo senza fondo in cui sguazzano migliaia di delinquenti e truffatori, la questione non è più solo economica o politica, è morale. I

l resoconto dell'ennesima retata di percettori fraudolenti del sussidio grillino, tra proprietari di Ferrari, finti nullatenenti e boss mafiosi, è nauseante e investe direttamente Mario Draghi. Perché non è vero che l'aver scoperto truffe per 100 milioni di euro «dimostra che il sistema di controllo funziona». No, dimostra che il sistema di erogazione è penoso e finanzia la criminalità. E dunque può il governo simbolo dell'efficienza, guidato dal salvatore dell'euro che il mondo ci invidia, continuare a sostenere a botte di 8 miliardi di euro l'anno una misura così disastrosa? Può un leader liberista non trovare il coraggio di voltare pagina sulla peggiore incrostazione assistenziale degli ultimi decenni?

Non bisogna cadere nella solita trappola ideologica della sinistra, per cui chi è scettico sul ddl Zan è omofobo e chi critica il RdC «criminalizza la povertà». Qui non si tratta di negare la necessità di sostegni e ammortizzatori, ma di demolire un costosissimo totem clientelare eretto dai 5 Stelle. Quando Draghi sostiene che condivide in pieno «il concetto alla base» del reddito, non ha torto. Il fatto è che Istat, Inps, Corte dei Conti, Carabinieri, Guardia di Finanza e pure la Caritas hanno certificato che il reddito non è la risposta. Ci si chiede se contino più i soldi spesi o le famiglie salvate: le seconde senza dubbio, ma a patto di non buttare via i primi. Varato per «abolire» la povertà e traghettare i disoccupati verso un lavoro, il reddito non ha impedito che i poveri assoluti in Italia passassero da 4,6 a 5,6 milioni e ha ricollocato solo il 15,19% degli occupabili. A parte l'innegabile ossigeno dato alle famiglie durante la pandemia, oggi - con il Paese in ripresa - è una zavorra, come dimostrano i dati dell'occupazione: in crescita, ma non fra i giovani. Banale liquidare il tutto con slogan tipo «i ragazzi stanno sul divano a incassare l'assegno», ma di sicuro il meccanismo del reddito non incentiva, né assicura una formazione decente.

Ecco dunque il bivio per il premier: o smantella la cambiale grillina che nel 2018 ha assicurato al M5s suffragi bulgari al Sud a spese della collettività, innescando politiche attive per l'occupazione che coinvolgano le imprese e dando così un segnale alla parte produttiva del Paese, oppure continua a guardare altrove per non disturbare gli alleati a 5 stelle, fingendo di credere alla favoletta di Conte per la quale il reddito di cittadinanza è un provvedimento salvifico ed è normale che in Campania lo ricevano più persone che in tutto il Nord Italia. Dura realtà o bella narrazione, pillola rossa o pillola blu.

Il fatto è che l'assistenzialismo crea dipendenza e disintossicare 3,7 milioni di persone non sarà né facile, né socialmente indolore. Però sarebbe giusto. E sarebbe pure la più draghiana delle riforme di questo governo.

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