Da una parte, c'è una frontiera raramente superata anche nelle crudezze di Internet: l'agonia di un uomo, gli spasmi di una morte, ultimi gesti, ultime contrazioni. Dall'altra ci sono tante domande che quelle immagini pongono: perché la morte che da ieri fa irruzione nel web è la fine di David Rossi, il capo della comunicazione del Monte dei Paschi di Siena che precipitando dal terzo piano della sede dell'istituto, la sera del 6 marzo 2013, tinse di sangue e di mistero la già fosca vicenda della crisi della più antica banca del mondo. Una fine archiviata come suicidio, contro la volontà e le convinzioni della famiglia, e su cui queste immagini tornano a sollevare domande. Perché le immagini sconvolgenti di Rossi che piomba al suolo finiscano in pasto ai clic serve ieri la spregiudicatezza di un quotidiano popolare americano, il New York Post: che nel contesto di una legittima e dignitosa inchiesta sul lato oscuro delle banche, e sugli strani suicidi di alcuni banchieri, si procura e pubblica il filmato. Non è una pubblicazione del tutto gratuita o morbosa, perché - oltre al tragico tonfo di Rossi - i fotogrammi mostrano anche altro: due figure che entrano nell'inquadratura, una si avvicina come per controllare il corpo, si allontana tranquilla come se niente fosse. Oggettivamente sconvolgente. E poco cambia ciò che nel giro di pochi minuti giornali e investigatori italiani si affrettano a precisare, ovvero che le due figure che appaiono nel filmato non sono affatto misteriose, hanno nomi e cognomi noti da tempo, colleghi e amici di Rossi che quella sera lo cercavano su richiesta della moglie, ne videro il corpo dall'alto e scesero in cortile. «Non sono sospetti», dice l'avvocato della famiglia. Ma l'indifferenza con cui si avvicinano al corpo è inspiegabile. E in qualche modo lo conferma il procuratore della Repubblica di Siena, che da una parte assicura che nulla c'è da scoprire, ma dall'altra annuncia che i due verranno di nuovo convocati e interrogati sulle loro mosse di quella sera, «per definitiva conferma ed evitare ogni ulteriore illazione». Gli investigatori spiegano che furono proprio i due colleghi a chiamare i soccorsi: ma nelle immagini nessuno dei due estrae il telefonino. Il filmato, registrato dalle telecamere di sorveglianza, era da tempo nella disponibilità della Procura, si dice, e se ne fa menzione anche nel decreto del giudice preliminare che, accogliendo le tesi dei pm, archiviò il caso come suicidio. E anche Antonella Tognazzi, la moglie di Rossi, sapeva perfettamente dell'esistenza del video, anche se non aveva mai avuto il coraggio di guardare la morte in diretta del marito. Ora i legali della famiglia Rossi chiedono che venga accertato come e quando il quotidiano americano sia venuto in possesso del file con la registrazione.
Più della fuga di notizie, peraltro preceduta dall'approdo di una parte del filmato alla redazione di Report, che lo aveva mandata in onda qualche mese fa, a sollevare interrogativi è la tempistica.
La diffusione infatti avviene nel pieno dell'inchiesta bis aperta dalla Procura di Siena, dopo le proteste e le pressioni della famiglia, che indaga contro ignoti per istigazione al suicidio; e che tra appena pochi giorni, il 25 giugno, prevede un appuntamento cruciale, il lancio dal terzo piano di un manichino del peso e della statura di Sala per verificarne la traiettoria. Fino a ieri era un appuntamento di routine, destinato a passare quasi inosservato. Ora invece lo scoop del New York Post riaccende bruscamente l'attenzione sul caso, e non è detto che sia un male.
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